Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di Angela Spinelli -
Numero di risposte: 90

Cari studenti e studentesse,
intervengo in questo forum e nelle vostre interessanti posizioni per fare una sintesi e rilanciare la discussione.
Il forum ha sollecitato un bel dibattito,  ricco e con interventi differenti tra loro, come è giusto che sia quando un argomento è oggetto di studio e discussione.
Nell’insieme, prevalgono posizioni favorevoli ma critiche, in linea con un uso etico e pedagogicamente consapevole dell’IA. La varietà delle esperienze e delle posizioni mostra la necessità di un’alfabetizzazione digitale più strutturata e riflessiva, capace di trasformare l’IA in uno strumento di emancipazione cognitiva e non di deresponsabilizzazione.


LE POSIZIONI RICORRENTI
IA come supporto: per generare idee, migliorare la chiarezza del testo, correggere errori grammaticali e facilitare l’organizzazione dei contenuti.
Uso consapevole e non sostitutivo: è ricorrente l’idea secondo cui l’IA deve essere un “facilitatore” del pensiero critico e non un sostituto. L’uso critico e riflessivo è ritenuto fondamentale per evitare dipendenza. Questa posizione è m molto interessante, però spesso manca di esempi pratici e/o proposte.
Rischio di perdita dell’autonomia: diversi interventi mettono in guardia contro l’eccessiva fiducia nelle soluzioni automatizzate, che può compromettere lo sviluppo della creatività, del pensiero autonomo e dell’originalità.
Differenze di accesso e di familiarità: emergono posizioni che riflettono una minore familiarità con gli strumenti digitali, specialmente tra chi ha ricominciato a studiare dopo una lunga pausa o proviene da una formazione più tradizionale.
Riflessione educativa: molti richiamano la necessità che la scuola e l’università educhino a un uso critico dell’IA, promuovendo un’“educazione all’algoritmo” (cfr. Floridi, 2020).
Un buon contributo alla riflessione è stato apportato da quegli interventi che nell’argomentazione hanno fatto riferimento ad una rilettura storica e filosofica della tecnologia e dell’intelligenza artificiale; dal collegamento tra tecnologie e inclusione e dall’aver individuato la necessità di una guida educativa (insegnanti, per esempio) per utilizzare in modo critico l’intelligenza artificiale.


ATTENZIONE ALLE POSIZIONI MENO ARGOMENTATE, che possono essere sintetizzate così:
non c’è un collegamento esplicito tra IA e piattaforme di videoconferenza, sono tecnologie diverse che almeno per il momento non sono particolarmente integrate tra loro;
enfasi eccessiva sull’oggettività dell’IA: in alcuni casi, l’IA viene descritta come un’entità neutra che “sa tutto”, senza considerare i limiti noti in letteratura (bias algoritmici, allucinazioni, ecc.), aspetto che riduce la qualità della riflessione (cfr. Binns, 2018).


Anche le visioni esclusivamente negative, che investono la AI con una critica generalizzata non sono utili alla discussione, perché non tengono conto di aspetti positivi che possono essere favorevolmente inclusi nelle prassi didattiche, nei processi di apprendimento e nella produzione di testi scritti.


Infine, per andare avanti con la discussione RILANCIO sui seguenti punti:
- Quali competenze dovrebbe possedere un “utente critico” dell’IA? Invita a riflettere su come formare cittadini capaci di usare l’IA in modo responsabile e riflessivo.- Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica? Stimola la ricerca di modelli di co-creazione tra umano e IA.
- Quali implicazioni etiche comporta l’uso dell’IA nei processi valutativi? Una questione aperta che tocca il tema della responsabilità algoritmica e dell’equità.
- Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA? Si apre alla prospettiva dell’insegnante come “mediatore tecnologico” 
- Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA? Una distinzione cruciale per distinguere uso strumentale e uso sostitutivo della tecnologia.


Invito tutti/e gli studenti e studentesse ad intervenire fornendo argomentazioni documentate e costruttive.
Buon lavoro!

In riposta a Angela Spinelli

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di VERA SPAZIANI -
RISPOSTE ALLE DOMANDE:
1) Le competenze che dovrebbe possedere un utente critico dell'intelligenza artificiale sono: capacità di analisi critica, problem solving, padronanza dei dispositivi digitali e le capacità di comprensione e apprendimento.
L'applicazione dell'intelligenza artificiale nella creatività umana e nell'automazione della scrittura accademica può portare allo sviluppo di nuovi prodotti, nuove idee e nuovi metodi di collaborazione.
2) Nei processi valutativi l'uso dell'intelligenza artificiale comporta alle seguenti implicazioni etiche: responsabilità, privacy dei dati, inclusione e fiducia e molti altri fattori.
3) In caso di aumento dell'intelligenza artificiale il docente non sarà più il docente tradizionale ma avrà un supporto tecnologico che gli permetterà di analizzare e valutare in modo diverso rispetto a quello tradizionale, anche per quanto riguarda il materiale da fornire agli studenti verrà preso dall'IA , inoltre il docente deve stare anche attento a come usa l'IA perché essa può portare sia a dei benefici ma anche essere un rischio specialmente in un sistema scolastico in cui tutto viene registrato.
4) "Apprendere Con l'intelligenza artificiale" a mio parere non è semplice, perché la tecnologia la si può usare per apprendere contenuti scritti ma per apprendere oralmente è molto difficile, apprendere con l'IA significa stare anche tante ore davanti ad uno schermo e questo può portare anche a dei problemi alla vista , invece apprendendo con il metodo tradizionale ossia con carta e penna aiuta molto e memorizzi meglio ciò che si sta studiando.
In riposta a VERA SPAZIANI

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di IOLANDA CURRO -
Un utente critico è colui che sa come funziona l’IA e deve essere in grado di riconoscere se le fonti sono veritiere e poi valutarle. Alla base ci deve essere la responsabilità di saper utilizzare l’IA.

Si può fare un connubio tra la creatività umana e l’IA. Ad esempio, si possono creare testi e progetti usando il cervello umano e successivamente farsi aiutare dall’IA per organizzare e migliorare il progetto. Sarebbe una collaborazione responsabile.

A livello etico, è importante tenere presente che l’uso dell’IA nella valutazione può sollevare questioni etiche, come la giustizia e la responsabilità. Usare la tecnologia per apprendere è fondamentale. L’insegnante che utilizza l’IA diventa un mediatore tecnologico, aiutando gli studenti a usare l’IA per apprendere meglio.

È realmente apprendere o delegare? L’IA non deve essere uno strumento che si sostituisce all’apprendimento, ma deve essere un mezzo per migliorare il proprio metodo di studio. Delegare all’IA significa affidarle compiti senza partecipare. È importante capire questa differenza per usare la tecnologia in modo efficace.

1. Rapporti e Documenti Internazionali
• UNESCO
UNESCO ha pubblicato vari rapporti sull’impatto dell’IA nell’educazione e sulla necessità di sviluppare competenze digitali critiche. Questi studi evidenziano l’importanza di un uso etico e responsabile dell’IA, nonché il ruolo del docente come mediatore tecnologico.
• OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)
L’OCSE ha rilasciato studi e rapporti (ad esempio nell’ambito del “Future of Education and Skills”) che analizzano come l’innovazione tecnologica, inclusa l’IA, possa trasformare il sistema educativo e quali competenze siano necessarie per un utilizzo critico e consapevole della tecnologia.

2. Fonti e Linee Guida Nazionali
• Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)
Il MIUR pubblica documenti e linee guida che riguardano l’integrazione delle tecnologie digitali nell’istruzione, proponendo strumenti e metodologie per utilizzare l’IA in maniera supportiva, senza sostituirsi al processo di apprendimento attivo degli studenti.
• Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
Attraverso la Gazzetta Ufficiale vengono pubblicate normative e regolamenti che disciplinano l’utilizzo delle tecnologie nell’ambito pubblico e educativo, offrendo un quadro normativo di riferimento per le innovazioni tecnologiche.

3. Studi Accademici e Riviste Specializzate
• Riviste scientifiche come “Computers & Education” e “Journal of Educational Computing Research”
Queste pubblicazioni contengono numerosi studi empirici e di revisione che analizzano il ruolo dell’IA nell’educazione, evidenziando come un uso critico e consapevole della tecnologia possa potenziare il processo di apprendimento, piuttosto che sostituirlo. Gli studi approfondiscono anche le implicazioni etiche e sociali, mettendo in luce la necessità di sviluppare una solida competenza digitale.
• European Commission – White Paper on Artificial Intelligence
Questo documento offre una panoramica sulle politiche europee riguardanti l’IA, sottolineando l’importanza di un approccio etico e responsabile e delineando le sfide e le opportunità che l’IA porta nel contesto educativo e lavorativo.

Questi esempi mostrano come a livello internazionale e nazionale vi siano numerosi studi e fonti ufficiali che possono supportare la riflessione sull’uso critico e responsabile dell’IA, evidenziando la necessità di un approccio che combini creatività, analisi critica e rigore etico.
In riposta a Angela Spinelli

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di ANNA MARIA DE VIVO -

Partendo dal presupposto che non possiamo far finta che l'AI non esista e che non sia mai un mezzo "neutro " e che, ritengo ormai uno strumento tecnologico utile, se usato responsabilmente, rispondo alle domande poste:

1) Le competenze che dovrebbe possedere un "utente critico" dell'AI, sono: capacità di pensiero critico, una profonda conoscenza delle regole dell'uso dell'IA, saper valutare l'affidabilità delle informazioni generate. Avere, praticamente, un'educazione mirata all' alfabetizzazione e all'uso delle tecnologie in modo responsabile;

2) L'IA può fare da supporto per la scrittura accademica in tanti modi: correzione grammaticale, generazione di bozze e traduzione di testi difficili. L'importante è, sì fare da supporto, ma non sostituire la capacità creativa di chi ne fa uso. Bisogna evitare il troppo uso e la troppa affidabilità, per non creare dipendenza tecnologica, cosicché da mantenere una propria autonomia;

3) Il controllo dei dati ricevuti deve essere sempre svolto da parte dell'umano che la usa, perché l'IA rischia di fornire dati poco affidabili, solo perché dibattuti o utilizzati sulla rete. Il controllo umano garantisce equità e trasparenza;

4) Sicuramente l'IA può arricchire l'esperienza didattica fornendo strumenti innovativi e interattivi, ma il ruolo dell'insegnante deve rimanere al centro! L'educatore fa da mediatore (in quanto ben preparato) ed è  in grado di guidare i suoi studenti all'uso responsabile dell'IA, aiutandoli a mantenere il proprio pensiero critico e l'interazione umana. L'IA può essere di supporto non un sostituto dell'insegnante;

5) La differenza tra "insegnare con" l'IA e "delegare a" l' IA, sta: nel primo caso sta ( come scritto nel punto precedente) nell'utilizzarla come supporto ai metodi educativi e aiuta a rafforzare le competenze umane; nel secondo caso, sta nel diventare dipendenti assoluti (dell'IA) perdendo la capacità del riflettere, di giudizio e anche la creatività dell'individuo.

In riposta a Angela Spinelli

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di PETULA CONFALONIERI -
Quali competenze dovrebbe possedere un “utente critico” dell’IA?
--Un utente critico dell'IA dovrebbe possedere competenze di pensiero critico ,un adeguata alfabetizzazione digitale e la capacità di riflettere sulle conseguenze morali
delle tecnologie che si usano , in questo caso l'intelligenza artificiale, quindi capire cosa è giusto o sbagliato . In pratica una persona con questi requisiti non si limita a
usare la tecnologia ,ma pensa anche alle responsabilità che ne derivano ,al bene comune e agli effetti sugli altri. Deve quindi valutare le fonti, comprendere il
funzionamento di base degli algoritmi ,riconoscere le distorsioni e i limiti dell'IA ed essere in grado di distinguere tra ciò che l'IA può fare e ciò che dovrebbe fare.

Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica?
--Secondo me è possibile integrare creatività umana e automazione in modo collaborativo. L' IA può fungere da supporto per la scrittura accademica attraverso
suggerimenti stilistici ,controllo grammaticale ,riassunti, e generazioni di spunti. Tuttavia ,la parte critica, interpretativa e creativa rimane un compito dell'essere umano.
Si può parlare di co-creazione ,dove l'IA è uno strumento che stimola ,ma non sostituisce, il pensiero originale .

Quali implicazioni etiche comporta l’uso dell’IA nei processi valutativi?
--L'utilizzo dell'intelligenza artificiale nei processi di valutazione ,ad esempio nella correzione automatica di compiti, nell'analisi delle competenze degli studenti o nella
selezione di candidati , solleva diverse questioni etiche. Una delle principali, a mio avviso ,è il rischio di discriminazioni, cioè, se i dati usati per interrogare l'intelligenza
artificiale contengono pregiudizi ,anche le valutazioni potrebbero essere ingiuste o sbilanciate. Inoltre , è fondamentale garantire la trasparenza del processo ,ossia
studenti ed insegnanti devono poter capire come e perchè una certa decisione è stata presa . C'è poi il tema della responsabilità, chi risponde se l'IA commette un
errore? Il sistema non può essere l'unico responsabile ,è sempre necessario il controllo umano. Infine, bisogna tutelare la privacy e i dati personali ,evitando che
vengano raccolti o usati senza consapevolezza. Quindi si ,l'uso dell'IA può essere utile ,ma va gestito con attenzione per garantire equità, trasparenza e rispetto delle
persone.

Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA?
--Sicuramente con l'introduzione dell'intelligenza artificiale nella scuola ,il ruolo dell'insegnante non viene eliminato , ma trasformato. L'insegnante diventa sempre di più
un mediatore tecnologico , ovvero una figura capace di guidare gli studenti nell'uso consapevole, critico e mirato degli strumenti digitali. Non più solo un trasmettitore
di conoscenze, ma un facilitatore dell'apprendimento ,che personalizza i percorsi didattici grazie alle informazioni fornite dall'IA e accompagna gli studenti nel
sviluppare competenze cognitive relazionali ed etiche. Inoltre l'insegnante ha il compito di interpretare i dati, monitorare i progressi , valorizzare la dimensione umana e
creativa dell'educazione , e intervenire dove la macchina non può arrivare. Quindi la tecnologia diventa un alleato ,non un sostituto ,ciò che fa la differenza, secondo me
,è sempre la professionalità e la capacità educativa dell'insegnante.

Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
--Apprendere con l'IA significa usarla come strumento di supporto ,può aiutare a esplorare un argomento, generare idee , chiarire concetti o personalizzare
l'apprendimento. Ed in questo caso lo studente resta protagonista del processo educativo e sviluppa pensiero critico, autonomia e consapevolezza .Quindi si ha una
interazione tra persona e tecnologia.
Delegare a l'IA invece, significa affidarle completamente il compito, ad esempio lasciando che scriva un testo o risolva un problema al posto dello studente .In questo
modo si rischia di perdere il proprio coinvolgimento attivo, impoverendo il processo di apprendimento.
In riposta a Angela Spinelli

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di ALESSIA ALATI -
Un utente critico dell'IA deve essere in grado di farne un buon uso in modo che l'IA non si sostituisca all'essere umano.
E secondo me per formare cittadini capaci di usare l'IA in modo responsabile dovrebbero essere istituite dalle campagne di sensibilizzazione nelle scuole e nei posti di lavoro che rientrano in tale ambito.
La creatività dell'uomo e l'IA possono collaborare quando l'IA svolge il ruolo di supporto alla mente umana ma non di sostituzione. Penso all'ambito scolastico dove l'IA può essere utile per studenti con bisogni educativi speciali diventando uno strumento di semplificazione.
Nei processi valutativi preferisco un sistema tradizionale rispetto all'IA in quanto quest'ultima potrebbe sostituirsi al docente che nella valutazione comunque formula un giudizio su vari punti di vista riguardo l'alunno.
Giusto apprendere con l'IA ma non delegare all'IA: come detto prima nell'apprendimento l'IA può essere un supporto in situazioni particolari ma in altri casi delegando all'IA si rischia di mettere l'alunno in una condizione di sviluppare meno le sue potenzialità.
In riposta a Angela Spinelli

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di LUDOVICA TOCCI -
1) Per riuscire a formare dei cittadini in grado di utilizzare l’IA, è necessario sviluppare delle competenze. Un “utente critico”, infatti, dovrebbe possedere competenze non solo tecniche, ma anche sociali. È fondamentale avere un pensiero critico che permetta di capire i limiti dell’intelligenza artificiale. A mio parere, è importante integrare nei contesti scolastici corsi o lezioni dedicate proprio al suo utilizzo. Molti docenti sono contrari, ma effettivamente nessuno ci insegna ad utilizzarla, e sarebbe utile lavorare proprio sul giusto utilizzo di questa tecnologia.
Si può certamente integrare la creatività umana e l’automazione nella scrittura accademica. Si può creare un testo autonomamente per poi correggerlo tramite l’IA. Questa unione potrebbe consistere nell’utilizzare l’intelligenza artificiale come strumento d’aiuto o di approfondimento, in modo che possa diventare un supporto.

2) L’IA potrebbe portare a modelli standard che non tengono conto delle sfumature individuali di ognuno di noi, creando disuguaglianze. È importante che i processi siano trasparenti e giusti, in modo da non causare ingiustizie.

3) L’insegnante è colui che possiede il sapere e che deve trasmetterlo agli studenti. Può avere un’interazione reale con gli studenti, cosa che invece con l’IA non si può avere. L’insegnante, inoltre, guida gli studenti nel loro percorso scolastico. In questo contesto, l’insegnante potrebbe essere molto utile nel dirigere gli studenti a capire come fare un buon utilizzo dell’intelligenza artificiale. La personalizzazione dell’apprendimento con l’IA permette di adattare i contenuti alle esigenze degli studenti, mentre l’insegnante si concentra più sulla parte emotiva/motivazionale.

4) La differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA sta nel modo di utilizzare l’intelligenza artificiale. “Apprendere con” l’intelligenza artificiale vuol dire usarla come strumento di supporto, aiuto o approfondimento; serve principalmente per arricchire le proprie risorse. “Delegare a” vuol dire invece rinunciare alla propria creatività e affidarsi del tutto all’IA, lasciandole fare il lavoro al posto nostro. La differenza sostanziale è che con il primo termine l’IA diventa uno strumento di supporto, mentre con il secondo diventa uno strumento sostitutivo.
In riposta a Angela Spinelli

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di SABRINA DE ANGELIS -
—-Le competenze che dovrebbe avere un utente critico , sono quelle conoscitive che permettono una corretta analisi , identificazione , estrazione e integrazioni delle fonti a cui si viene a conoscenza attraverso IA, perché non tutte sono veritiere, attendibili e certificate. Quindi un buon utente critico deve saper valutare e scremare i dati. Questo è un modo riflessivo di uso dell’IA, ma bisogna tener conto anche dell’aspetto responsabile, perché dove si va ad attingere a informazioni si entra in contatto anche con dati sensibili e privacy. Quindi un buon utente deve essere anche conoscitore delle leggi a tutela dei dati manipolati.
——Sicuramente un metodo per formare cittadini capaci di utilizzare l’IA deve essere integrato alla base delle conoscenze, quindi dovrebbe diventare Materia Disciplinare e curriculare, in quanto l’IA è entrata a far parte di una metodologia didattica non codificata.
—-L’utilizzo di aiuto di IA per la scrittura accademica, può essere vantaggioso come supporto di idee , creazione di scenari , da utilizzare “come un amico nel momento del bisogno” inteso io ci sono per lui e lui c’è per me, ma non in senso unilaterale , ma complementare. Non bisogna affidarsi totalmente all’IA , i testi devono sempre avere un’impronta di personalità e criticità tipica dell’essere umano.
—-Nella valutazione , il ruolo del docente diventa ancora più complesso, ed entra in gioco la preparazione , per poter valutare quanto sia la componente artificiale e quanto quella personale didattica. Perché se utilizzata come ausilio e non come sostituto l’ IA è un buon metodo integrativo alla didattica convenzionale.
—-Come già detto precedentemente il ruolo dell’insegnante con una didattica aumentata dell’IA cambia molto, rispetto ai precedenti paradigmi: oltre che dispensatore di saperi, il suo ruolo deve essere anche quello di preparatore tecnologico, avendo a sua volta grande preparazione e conoscenza tecnologica.
——Apprendere o delegare, sono concetti opposti legati all’IA. Posso apprendere con l’uso di IA , facendo riferimento alle varie piattaforme che possono aiutare nella stesura di testi, nel rintracciare informazioni , nella traduzione etc, ma non posso delegare perché andrei a perdere quello che di personale , critico e’ proprio della mente umana.
In riposta a Angela Spinelli

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di MARCELLA PATANÈ -
Credo che l’intelligenza artificiale abbia indubbiamente semplificato le nostre vite e la nostra quotidianità. Qualsiasi dubbio possa sorgere, qui è possibile trovare una risposta immediata e precisa. In un certo senso, la considero una versione semplificata di Google: anche lì possiamo ottenere le informazioni che cerchiamo, ma l’AI le rende più accessibili e dirette. Tuttavia, per quanto sia uno strumento estremamente utile, ho l’impressione che ci si stia adagiando un po’ sugli allori, affidandosi sempre più a queste tecnologie senza stimolare il pensiero critico.
Credo che il ruolo dell’insegnante non possa essere sostituito dall’intelligenza artificiale, poiché il rapporto con i docenti si basa su uno scambio reciproco, sull’interazione umana e sulla nascita spontanea di spunti di riflessione. Affidarsi completamente all’AI, a mio avviso, significa sottrarsi alla responsabilità di sbagliare e all’impegno necessario per raggiungere un obiettivo con le proprie forze. Se delegassi tutto all’intelligenza artificiale, sarebbe lei a svolgere il compito, a scrivere la relazione al posto mio. E io? Io mi limiterei a prendere il merito, senza aver realmente appreso nulla.
Imparare con l’AI, invece, significa usarla in modo consapevole, ricorrendovi quando si ha bisogno di chiarire un dettaglio, approfondire un argomento senza dover necessariamente chiedere aiuto a qualcuno, o ottenere una risposta immediata. L’intelligenza artificiale è uno strumento utile, ma non può e non deve sostituire il processo di apprendimento e crescita personale.
Non so se esista un modo preciso per integrare l’automazione nella scrittura accademica. L’unica idea che mi viene in mente è che lo studente potrebbe concentrarsi sull’elaborazione di un pensiero critico e personale, senza preoccuparsi eccessivamente della forma, affidandosi poi all’AI per renderlo più chiaro e presentabile. In questo modo, il contenuto sarebbe interamente frutto della riflessione dello studente, mentre la tecnologia si limiterebbe a migliorarne l’espressione.
In riposta a Angela Spinelli

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di NOEMI SALTIMBANCO -
Un utente critico dell’IA non è solo qualcuno che sa “usare” gli strumenti intelligenti, ma è soprattutto capace di valutarne limiti e finalità.
Le competenze includono: alfabetizzazione algoritmica( per comprendere come funzionano gli strumenti e su quali dati si basano), consapevolezza etica (per riflettere sugli impatti sociali dell’automazione, inclusi bias, discriminazioni e problemi di privacy) e pensieri critico e riflessivo(per distinguere tra uso produttivo e dipendenza passiva dall’IA)
Formare cittadini in questo senso significa educare alla comprensione profonda della tecnologia, non solo all’uso tecnico. La scuola può diventare laboratorio di esplorazione e discussione, dove l’IA è oggetto di analisi e non solo strumento operativo.
Si, esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica. l’IA può diventare uno strumento di co-creazione, stimolando la produzione di idee, suggerendo strutture o stilistiche, ma lasciando all’umano il controllo critico.
L’automazione può supportare revisioni, sintesi, generazione di bozze. L’umano conserva il ruolo di autore riflessivo, che guida il processo, valuta e rifinisce.
La sfida è costruire modelli educativi dove l’IA potenzia la creatività senza sostituirla, sviluppando senso di autorialità e responsabilità anche in ambienti assistiti dalla tecnologia.
L’uso dell’IA per valutare studenti o performance pone interrogativi seri:
Come si garantisce trasparenza nei criteri valutativi?
L’insegnante diventa sempre più un mediatore tecnologico, capace di:
-Selezionare gli strumenti più adatti ai bisogni educativi.
-Guidare studenti nella lettura critica dei risultati prodotti dall’IA.
-Integrare la dimensione umana, empatica e relazionale che l’IA non può replicare.
L’insegnante non è sostituito, ma si evolve in una figura capace di costruire ambienti di apprendimento ibridi, dove umano e digitale si rafforzano a vicenda.
Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
La distinzione è fondamentale :
-Apprendere con l’IA significa usarla come strumento per potenziare il proprio pensiero, riflettere, esplorare alternative.
-Delegare a l’IA comporta invece una rinuncia alla propria agency cognitiva, una passività che impoverisce l’apprendimento.
Educare a un uso consapevole implica insegnare quando e come è utile interagire con l’IA, e quando invece è necessario tornare all’esperienza umana diretta
In riposta a Angela Spinelli

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di FEDERICA FIORINO -
«L’IA nelle scuole può essere un’opportunità straordinaria per arricchire il processo di apprendimento, portando la didattica a un nuovo livello di interattività e personalizzazione.» (dal libro: “Intelligenza artificiale e tecnologia in classe. Guida per insegnanti per un uso consapevole” Bonanomi-Lavenia)
Partendo da questa frase si può considerare l’IA come un supporto all’apprendimento e all’insegnamento, avendo come base la consapevolezza che, non trattandosi di un libro, può commettere degli errori. Non credo serva demonizzare totalmente questo aiuto tecnologico perchè facendo ormai parte della società sarebbe difficile restarne fuori.
Ciò che può fare l’insegnante, educatore e genitore è fornire degli strumenti affinchè lo studente (figlio) sappia come usarla non in sostituzione allo studio individuale ma come coadiuvante, quindi quello che si andrà a fare non è delegare ma apprendere con l’IA.
A livello pratico si può insegnare a verificare ciò che l’IA produce perchè trattandosi di un supporto fallibile, si rischierebbe di avere un lavoro poco aderente e errato, in aula si potrebbe mostrare come fare, sviluppare realmente dei lavori con i propri studenti, in questo modo si avrebbero due elementi positivi: l’insegnante verrebbe visto come colui/colei che “sta al passo”, che non si pone in un piano temporale troppo distante e in più insegnerebbe in modo corretto ad usare l’IA evitandone l’uso in segreto.
L’intelligenza artificiale però ha delle criticità, oltre a fare errori, come ho già detto, può comportare una sorta di congelamento cerebrale, ci si potrebbe sentire sollevati dall’impegno di conoscere, di scambiarsi idee e di studiare perchè “tanto c’è chi lo fa per noi”. E importante ricordare la distinzione tra uomo e macchina, quindi differenza tra parola e comunicazione, l’intelligenza artificiale è solo un contenitore di informazioni (parola) e la differenza la facciamo proprio noi, con la comunicazione, l’uomo comunica e lo fa con le emozioni, con la voce e con i gesti, e questo ci permetterà di continuare ad avere il primato nella società senza aver paura che l’IA prenderà il sopravvento.
Come sostiene Terracciano dobbiamo riscoprire l’umanesimo e riadattarlo ai nostri giorni.
In riposta a Angela Spinelli

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di SARA ROSEMARY GAGLIARDI -
1)
Un utente critico dell’IA dovrebbe saper usare gli strumenti in modo consapevole, capire quando sono utili e quando potrebbero non esserlo. Non basta solo sapere come funzionano, ma è importante anche riflettere su ciò che ci propongono e fare attenzione a non accettare tutto senza pensarci. L’IA può aiutarci a migliorare la struttura o a trovare idee, ma la parte creativa e personale deve restare nostra. Un buon modo per usarla è partire dai suoi suggerimenti e poi mettere il nostro tocco, adattando il testo a quello che vogliamo esprimere.
2)
L’IA potrebbe velocizzare il processo di valutazione e renderlo più obiettivo, ma c’è il rischio che non riesca a cogliere aspetti importanti come la creatività o il ragionamento. Per questo è fondamentale che l’essere umano faccia sempre la parte finale del giudizio.
3)
L’insegnante diventa una guida, aiutando gli studenti a usare l’IA in modo consapevole e a non dipendere troppo da essa. Deve insegnare a sfruttarla come strumento utile, ma senza rinunciare al proprio pensiero critico.
4)
Apprendere con l’IA significa usarla per migliorare il nostro lavoro, senza perdere il controllo. Delegare, invece, significa lasciare che sia l’IA a fare tutto, e questo può farci perdere la nostra capacità di pensare autonomamente.
In riposta a SARA ROSEMARY GAGLIARDI

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di Angela Spinelli -
Cari studenti e studentesse, intervengo in questa discussione per moderarla in questo modo:
- farò una sintesi delle vostre posizioni e contenuti principali;
- porterò alla vostra attenzione le principali criticità emerse;
- infine, come di consueto, darò degli stimoli per proseguire la discussione.

SINTESI
Dall’analisi degli interventi emerge una riflessione diffusa e articolata sull’intelligenza artificiale, intesa come strumento capace di incidere profondamente sui processi di apprendimento, scrittura accademica e valutazione. In merito alle competenze che dovrebbe possedere un utente critico dell’IA, gli studenti mostrano una crescente consapevolezza circa l’importanza del pensiero riflessivo, della capacità di valutare la qualità e l’affidabilità delle fonti, della padronanza tecnica degli strumenti digitali e dell’assunzione di responsabilità etica nell’utilizzo delle tecnologie. Molti richiamano la necessità di educare all’uso consapevole dell’IA, auspicando l’integrazione di percorsi formativi mirati nelle scuole e nei contesti universitari.
Quanto alla possibilità di integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica, si evidenzia una visione piuttosto matura: l’IA viene riconosciuta come utile supporto nella fase generativa e riformulativa, capace di offrire spunti, strutture e miglioramenti linguistici, ma mai in grado di sostituire la dimensione critica e originale del pensiero umano. Alcuni studenti parlano esplicitamente di co-creazione, sottolineando come l’intervento umano debba rimanere centrale nel controllo, nella rielaborazione e nella rifinitura dei contenuti.
Sul piano delle implicazioni etiche nei processi valutativi, ricorrono osservazioni puntuali riguardo alla trasparenza degli algoritmi, alla tutela della privacy e alla necessità di un controllo umano sulle decisioni automatizzate. Si coglie, in più interventi, una chiara preoccupazione per il rischio di bias nei dati e per le possibili disuguaglianze che un uso acritico della tecnologia valutativa potrebbe generare.
Infine, rispetto al ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA, emerge una concezione trasformata ma non indebolita della funzione docente. L’insegnante viene descritto come mediatore consapevole, capace di guidare gli studenti nell’uso critico dell’IA e di mantenere al centro dell’esperienza educativa la relazione, l’empatia e la formazione del pensiero. La distinzione tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA è ben compresa: apprendere con implica un uso strumentale, dialogico e riflessivo della tecnologia, mentre delegare a comporta una forma di deresponsabilizzazione che rischia di compromettere l’autonomia intellettuale dello studente.

CRITICITA’
Ambiguità concettuali Alcuni studenti confondono l’IA con semplici tecnologie digitali (es. Google, LIM, Google Maps), mostrando una comprensione superficiale dei concetti.
Posizioni polarizzate Una minoranza esprime un rifiuto ideologico dell’IA, spesso legato a una visione nostalgica della scuola “tradizionale”. Queste posizioni, pur legittime, sono scarsamente argomentate e rischiano l’anti-modernismo.

RILANCIO
- Prima possibilità: Vi chiedo di condividere un esempio concreto in cui avete utilizzato l’intelligenza artificiale per migliorare un vostro testo o progetto, mettendo in evidenza in che modo avete rielaborato criticamente l’elaborato iniziale e quale contributo personale avete aggiunto al risultato finale.

- Seconda possibilità: Vi invito ad analizzare un esempio concreto in cui un algoritmo o uno strumento basato sull’intelligenza artificiale ha prodotto un risultato scorretto, discriminatorio o sbilanciato (ad esempio in ambito scolastico, lavorativo, sociale o informativo). Provate a riflettere su quali siano state le cause del problema (dati di partenza, funzionamento dell’algoritmo, mancanza di controllo umano) e a proporre soluzioni o strategie per evitarlo. L’obiettivo è sviluppare uno sguardo critico sui limiti dell’IA e sui rischi legati all’uso non consapevole di queste tecnologie.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di PETULA CONFALONIERI -
Rispondendo al secondo punto, riporto una mia esperienza, in cui più di un algoritmo ha dato risultati sbilanciati e poco utili. Stavo cercando, per un lavoro da portare ad un esame ,libri di narrativa ambientati nella scuola italiana tra gli anni '60 e '80 ,per capire come veniva raccontata la scuola in quel periodo ,il rapporto con gli insegnanti ,la vita quotidiana tra i banchi ,insomma qualcosa che mi aiutasse a ricostruire l'atmosfera di quegli anni. Ho provato prima a cercarli online ,usando Google , Amazon e anche altri siti specializzati in libri, poi ho provato con l'IA. Il problema è che i risultati erano sempre poco pertinenti ,come se gli algoritmi sembravano ignorare del tutto il mio intento di ricerca ,nonostante avessi inserito parole chiave chiare : mi venivano fuori testi recenti ,saggi di pedagogia, addirittura con l'IA testi inesistenti o appartenenti ad autori che non erano i veri autori .E questo è proprio il punto a mio avviso ,che se non hai già in mente cosa cercare ,l'algoritmo non ti aiuta davvero. Riflettendoci ,credo che il problema stia proprio nel modo in cui questi algoritmi funzionano .Si basano sui gusti medi degli utenti ,sulle recensioni più lette generalizzando poi sulle risposte e quindi finiscono per amplificare ciò che già è visibile ,lasciando fuori tutto il resto ,per quanto sofisticati, questi strumenti funzionano su basi che spesso non hanno nulla a che fare con la qualità ,la varietà o la rilevanza dei contenuti .Il fatto, anche, che non ci sia un filtro umano che possa aiutare a selezionare o indirizzare i risultati peggiora la situazione . E questo è solo un piccolo esempio .Se ci pensiamo bene, situazioni simili si verificano anche in altri ambiti, ad esempio nel mondo lavorativo ,ci sono algoritmi che selezionano i CV dei candidati , se i dati per istruire questi sistemi contengono pregiudizi (anche inconsapevoli), legati all'età, al genere o provenienza geografica ,l'algoritmo tenderà a riprodurre quei pregiudizi ,anche se in modo automatico e apparentemente neutrale .Lo stesso può accadere nei social network ,dove i contenuti vengono mostrati in base a ciò che ci piace ,creando bolle informative che confermano le nostre opinioni e ci espongono sempre meno a punti di vista diversi .Secondo me ,per evitare queste distorsioni bisognerebbe : affiancare alla ricerca automatica delle fonti più qualificate ,avere più consapevolezza di come funzionano gli algoritmi ,in quanto non sono strumenti "neutrali", ma rispecchiano i dati con cui sono stati costruiti , controllo umano che possa intervenire per correggere distorsioni ,fare scelte critiche ,mediare ,e soprattutto verificare sempre l'affidabilità delle fonti .In conclusione secondo me ,l'IA cosi come i grandi motori di ricerca sono strumenti potenti ,ma non possono sostituire completamente il giudizio umano e quindi bisogna usarli in modo consapevole e non sapere solo come funzionano, ma anche capire quando è il caso di affiancarli ad altro, per evitare che i suoi limiti diventino anche i nostri.
In riposta a Angela Spinelli

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di NOEMI SALTIMBANCO -

Io personalmente per la realizzazione di un project work ho utilizzato l’intelligenza artificiale come strumento di supporto. In particolare, mi è stata utile nella fase di ricerca delle informazioni, permettendomi di accedere rapidamente a contenuti rilevanti. Successivamente, ho rielaborato i concetti, approfondendo i temi trattati e riformulando le frasi per renderle più chiare e coerenti con l’obiettivo del lavoro.  L’AI non ha sostituito il mio pensiero critico, ma ha rappresentato un valido aiuto per sviluppare e arricchire l’elaborato, stimolando riflessioni più approfondite

In riposta a Angela Spinelli

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di FEDERICA COCCHI -
Personalmente ho scoperto questa nuova tecnologia dell' IA proprio qualche mese fa, quando per un project work di gruppo il professore ci ha invitati ad usare programmi quali chat-gpt o gemini consigliandoci di utilizzare questi strumenti in maniera trasversale e con pensiero critico. Trovo l'IA davvero utile nello studio accademico, come aiuto nella scrittura di un testo, nella correzione di errori grammaticali e ortografici. Essendo molto curiosa ho provato a mettere "alla prova" l'IA chiedendo informazioni su un argomento che conosco molto bene. Quello che è uscito fuori sono state informazioni per l'80% esatte e un 20% del tutto errate, probabilmente per un problema nei dati di partenza. Da questa esperienza mi verrebbe da dire che se chiediamo informazioni su qualcosa di cui noi siamo pienamente consapevoli, l'IA ci dà la risposta e noi sapremo validarla, ma se chiediamo qualcosa al di fuori della nostra competenza dovremmo farci venire dubbi e cercare altre fonti attendibili che possano convalidare le informazioni dell'IA. Credo che questi strumenti siano un valore aggiunto alle nostre capacità se non ci affidiamo in maniera totale, poiché in questo caso i rischi di errori ed imprecisioni sono a portata di mano, e soprattutto potremmo andare inontro ad una perdita della nostra autonomia e capacità critica, non riuscendo più a riflettere e a mettere in discussione un dato argomento.
In riposta a Angela Spinelli

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di MARIKA VAUPERI -

Ho utilizzato l'aiuto dell'IA per il project work assegnato per l'esame di sociologia dell'educazione, riguardo l'immaginario scolastico nel contesto mediale. 
In quella occasione, ho individuato gli anni e la nazione di produzione delle pellicole e poi fornendo queste informazioni all'IA, mi sono fatta aiutare nella ricerca dei film compatibili con le caratteristiche da me scelte. L'impostazione del progetto, l'analisi critica e le considerazioni personali finali sono frutto della mia elaborazione, confrontate con l'IA solo per un miglioramento nella forma linguistica e stilistica. 
Ho dovuto controllare la veridicità delle informazioni fornite dall'IA, esaminando anche le fonti online. Infatti, diversi film indicati non rispettavano il criterio della data o della nazione da me fornita e anche i time frame reali di alcune scene significative non coincidevano con i minuti forniti dall'IA. 
Questo vale a dire che l'IA può non essere precisa e incorrere alle cosiddette allucinazioni o bug del sistema, quindi è necessario sempre un approccio di verifica e adattamento di ciò che ci viene fornito.

In riposta a Angela Spinelli

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di ANNA MARIA DE VIVO -
Rispondo al secondo punto:
la mia esperienza con l'intelligenza artificiale, l'ho fatta per la prima volta, nella mia vita, qui all'università. Un professore ci ha chiesto di trovare dei libri da leggere con determinate caratteristiche specifiche e di utilizzare l'IA. Per trovarli dovevamo fare delle domande mirate, dovevamo interrogare l'AI per svolgere parte della prova d'esame. Non è stato per niente facile, perché l'AI mi forniva delle informazioni errate: mi dava dei libri che non esistevano sul mercato (erano frasi di alcuni autori o articoli di giornale), o fuori contesto rispetto alle richieste che facevo (elaborava i dati a modo suo, dandomi informazioni non presenti nel libro che mi forniva), oppure attribuiva libri ad autori diversi. Secondo me il problema dipende dal fatto che gli algoritmi dell'AI operano sui dati inseriti sulla rete dai gusti degli utenti e che tendono a generalizzare perché agiscono più sulla quantità che sulla qualità effettiva della risposta. l'AI non possiede il giudizio critico che è tipico dell'uomo.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere sui limiti dell'AI e, se pur riconoscendo, che è uno strumento utile è fondamentale essere consapevoli della sua non infallibilità. Bisogna considerare che dietro a ogni richiesta/risposta ci deve essere il controllo umano. Per quanto mi riguarda nel mio lavoro di ricerca (di libri), ho fatto dei controlli incrociati con altri motori di ricerca e siti come google, amazon, ecc.... Poi visto la mia età (55 anni), sono tornata ai vecchi metodi, mi sono regata in libreria, in biblioteca consultandomi con altre persone e prendendo in mano, fisicamente, i testi. Secondo me la soluzione sta nell'essere informati e formati all'utilizzo di questi nuovi strumenti tecnologici e nel lavorare con questi supporti, bisogna sempre verificare l'autenticità delle informazioni ricevute.
In riposta a Angela Spinelli

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di ELEONORA BUCHERI -
Prima possibilità:
Recentemente, ho avuto l'opportunità di utilizzare questa tecnologia per migliorare un mio lavoro, sfruttando le sue capacità di ricerca e di rielaborazione del linguaggio. In questo contesto, ho cercato di integrare l'IA in modo consapevole e critico, non come sostituto del mio pensiero e delle mie capacità, ma come strumento per affinare e ottimizzare il contenuto. Nel seguente esempio, descriverò come ho utilizzato l'IA per perfezionare un testo, riflettendo su come questa tecnologia mi abbia aiutato a rielaborare il materiale iniziale e a contribuire personalmente al risultato finale. Durante un recente esame, ho avuto l'opportunità di utilizzare l'Intelligenza Artificiale (IA) come strumento di supporto nella ricerca e nella scrittura. L’esame richiedeva di cercare e descrivere 8 film, fornendo una descrizione schematica per ciascuno di essi. Sebbene l’IA fosse inizialmente una risorsa utile, ho incontrato diverse difficoltà nel suo utilizzo che mi hanno costretto ad integrare altre fonti e completare il compito autonomamente.
Inizialmente, ho utilizzato l’IA per la ricerca dei film, sperando di ottenere suggerimenti rapidi e pertinenti. Tuttavia, il sistema non è stato in grado di fornirmi una selezione adeguata di titoli che corrispondessero alle specifiche richieste dell'esame. I film suggeriti non sempre si adattavano al tema richiesto, e l'IA non era in grado di rispondere in modo preciso alle mie esigenze. La ricerca si è rivelata più difficile del previsto, e ho dovuto ricorrere a fonti esterne, come motori di ricerca e banche dati specializzate, per completare la lista dei film.
Una volta trovati i titoli giusti, è emerso un altro ostacolo: la descrizione dei film. L'IA ha mostrato alcune difficoltà nel fornire sintesi concise e pertinenti che rispecchiassero il formato richiesto, poiché tendeva a fornire risposte troppo generiche o poco focalizzate. Di conseguenza, ho deciso di scrivere la descrizione dei film in modo autonomo, raccogliendo informazioni da varie fonti e creando una sintesi che fosse più in linea con le aspettative dell’esame.
Tuttavia, l’IA non è stata del tutto inutile. Ho utilizzato il sistema principalmente per riformulare parole ripetute nel mio testo e per cercare termini più adatti al contesto, migliorando la fluidità e la precisione del linguaggio. Questo mi ha permesso di ottimizzare il mio lavoro, rendendolo più chiaro e ben strutturato, pur mantenendo il contenuto originale che avevo creato.
In definitiva, questa esperienza mi ha insegnato che l’IA può essere uno strumento utile per supportare alcune fasi del lavoro, ma non può sostituire completamente il processo umano di ricerca e scrittura. L’uso consapevole e integrato di queste tecnologie è fondamentale per ottenere risultati equilibrati, evitando di dipendere eccessivamente da esse e perdendo la capacità di sviluppare autonomamente le proprie competenze.
In riposta a Angela Spinelli

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di IRENE COLOCCI -
Primo punto:
Un esempio concreto in cui ho sfruttato l’intelligenza artificiale per migliorare un testo si è verificato durante la stesura di una ricerca scolastica su un argomento a me poco familiare. L’IA mi ha permesso di scoprire informazioni che inizialmente mi erano sconosciute, offrendomi l’opportunità di approfondire il tema in modo più completo. Inoltre, durante la stesura della ricerca, avevo scritto un primo abbozzo piuttosto disorganizzato, raccogliendo in modo approssimativo tutte le idee che mi venivano in mente. L’intelligenza artificiale mi ha aiutato a riorganizzare il contenuto, dando struttura alla bozza e trasformandola in una ricerca ben articolata e coerente. Naturalmente, prima di procedere con la riscrittura finale, ho verificato la veridicità delle informazioni e ho integrato i dati trovati con approfondimenti provenienti da libri sull’argomento. In questo modo, posso affermare che, se utilizzata correttamente, l’IA può essere uno strumento estremamente utile per migliorare la qualità dei lavori.
In riposta a Angela Spinelli

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di ILARIA DE CAROLIS -
Io ho avuto modo di utilizzare l'intelligenza artificiale su richiesta del mio professore per un esame universitario. Ciò che dovevo fare era confrontare come fosse la vita in diverse zone di Roma centro negli anni '80 e '90, utilizzando chat gpt. Mi è stato molto utile, in quanto dava informazioni che su google o altri siti non comparivano. Ovviamente, però, ho dovuto fare ulteriori ricerche per verificare che le informazioni che ricevevo fossero vere, e devo ammettere che per alcune non è stato così.
Alla fine della ricerca, io e le mie colleghe di corso abbiamo poi confrontato tutte le nostre ricerche effettuate, e abbiamo inoltre aggiunto ciò che ne era emerso da delle interviste che avevamo fatto a dei nostri conoscenti che avevano vissuto in quegli anni in quelle stesse zone.
In riposta a Angela Spinelli

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di ELISA PANELLA -
Personalmente, ho utilizzato di recente l’intelligenza artificiale per migliorare un progetto, dimostrandosi un valido strumento di supporto. In particolare, ho sfruttato questo strumento per raccogliere e organizzare informazioni pertinenti al tema del lavoro, oltre a migliorare la struttura del testo e garantire una maggiore coerenza espositiva. Poiché i dati che dovevo reperire erano scarsi, l’IA si è rivelata un ottimo supporto per arricchire l’attività che dovevo svolgere, suggerendo spunti e connessioni che non avevo inizialmente considerato. Dopo aver interagito in modo approfondito con questo strumento, ho rielaborato criticamente il testo iniziale, aggiungendo riflessioni personali e integrando concetti che l’intelligenza artificiale mi aveva fornito.
In riposta a Angela Spinelli

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di DENISE CHIAPPINI -
Rispondendo al secondo punto, riporto un'esperienza che non mi ha vista coinvolta in prima persona, ma che ho avuto modo di osservare direttamente. Mi è stata rivolta una richiesta di aiuto da parte di mio cugino, riguardo la stesura di un tema con una consegna ben precisa. Lui aveva già fatto ricorso all'intelligenza artificiale (ChatGPT), raccontandomi però che non gli era stata affatto di aiuto. L'unico risultato che l'IA era riuscita a fornirgli era una lista di informazioni generiche, tratte da un algoritmo che apparentemente si basava su un insieme di notizie già predefinite, ma non pertinenti al tema richiesto. Il risultato finale era privo di rigore logico, senza alcuna emozione (che invece doveva emergere nell'argomentazione) e con uno stile di scrittura estremamente impersonale. Ripercorrendo i passaggi che lo avevano portato a questo risultato, considerando che io stessa utilizzo l'intelligenza artificiale principalmente come supporto stilistico e ortografico, ho deciso di approfondire il funzionamento del sistema per comprendere meglio come fosse possibile migliorare il risultato. In realtà, non era l'intelligenza artificiale a essere in errore, ma la richiesta che veniva fatta, cioè l’esempio di consegna. Aggiungendo dettagli a quello che ho scoperto chiamarsi "prompt" (ovvero la richiesta testuale effettuata), il tema ha cominciato a prendere forma. La chiave dello strumento è la specificità della domanda, non la sua generalità. L'intelligenza artificiale non è "illuminante" in sé, ma può diventare un ottimo strumento di supporto. Maggiore è la precisione nella domanda iniziale, più alta sarà la qualità della risposta. Questo principio, che si allinea con la legge della probabilità, indica l’idea che più dettagli forniamo, più aumentiamo le probabilità di ottenere una risposta utile e accurata. In termini probabilistici, un "prompt" vago ha una distribuzione di possibili risposte molto ampia e imprecisa, mentre uno più specifico riduce tale distribuzione, migliorando la probabilità di ottenere una risposta corretta e pertinente. Per questo motivo, andare per tentativi è assolutamente necessario: più si aggiungono dettagli e maggiore sarà la precisione. È un processo che richiede pazienza e sperimentazione, ma che può rivelarsi estremamente utile per ottimizzare l'uso dell'IA.
In riposta a DENISE CHIAPPINI

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di Angela Spinelli -
Buongiorno a tutti e tutte, grazie per l'ottimo lavoro che state facendo: da quando il corso è cominciato le nostre riflessioni online sono diventate più accurate, pertinenti e profonde! Come di consueto vi propongo una sintesi e sottolineo alcune delle vostre riflessioni che sono particolarmente interessanti.

PRIMA DOMANDA: L’IA è per voi un partner di scrittura oppure un sostituto autoriale?
La quasi totalità degli voi considera l’intelligenza artificiale un partner di scrittura, non un sostituto autoriale.
Molti ne riconoscono il valore nel migliorare la struttura dei testi, nel suggerire formulazioni alternative, nell’organizzare idee e correggere errori linguistici. Tuttavia, la paternità concettuale e la creatività vengono difese come prerogative irrinunciabili dell’autore umano. La scrittura viene descritta come un’attività che richiede empatia, pensiero critico e originalità, elementi che l’IA non è in grado di replicare. Alcuni interventi sottolineano l’importanza di un uso consapevole dello strumento, che deve restare sussidiario e non sostitutivo. Anche chi riconosce nell’IA una capacità generativa elevata evidenzia i limiti legati all’assenza di emozione, stile personale e pertinenza contestuale.

SECONDA DOMANDA: C’è qualcosa che come utenti possiamo fare per concorrere alla diminuzione del problema (bias, uso improprio, dipendenza)?
Le vostre risposte evidenziano una crescente consapevolezza etica e tecnica nell’uso dell’IA. In primo luogo, si sottolinea la responsabilità dell’utente nel formulare prompt precisi, verificare le fonti, e non accettare passivamente le risposte dell’algoritmo. La formazione viene indicata come strategia cruciale: molti auspicano percorsi educativi strutturati sull’IA fin dalla scuola primaria, in modo da prevenire un uso acritico e favorire l’empowerment digitale. Alcuni propongono anche di partecipare attivamente al dibattito pubblico e alla regolamentazione dell’IA, chiedendo trasparenza sui dati e sui criteri algoritmici. Viene inoltre segnalata la necessità di ampliare la rappresentatività dei dati e di contrastare la polarizzazione attraverso interazioni più varie e riflessive. In generale, emerge l’idea che l’IA vada considerata come una tecnologia sociale, la cui qualità e giustizia dipendono dall’uso collettivo e dalle scelte progettuali e regolative.

Vi riporto dei passaggi che sono molto interessanti ed utili alla riflessione che stiamo facendo insieme (ringrazio chi ha dedicato tanto tempo, attenzione e cura a questo lavoro!).

1. Riflessione metacognitiva sull’esperienza d’uso dell’IA
Eleonora ha raccontato di aver provato a chiedere all’IA di rispondere alle stesse domande del forum e di aver sperimentato frustrazione e una sensazione di “vuoto”, contrapponendole alla soddisfazione data dalla ricerca personale. Questo passaggio mette in luce, in modo molto vivido, il valore formativo della fatica cognitiva e il rischio di delega passiva, sollevando implicitamente la questione della motivazione intrinseca nell’apprendimento.
«La sensazione che ho provato avendo delle risposte immediate è stata di frustrazione e sminuimento delle mie capacità. Una specie di vuoto, il contrario della soddisfazione data dalla ricerca attiva.»

2. L’IA come occasione per esercitare la cittadinanza digitale
Alcuni studenti hanno proposto azioni concrete per migliorare l’uso collettivo dell’IA: formazione pubblica gratuita, educazione scolastica mirata, sensibilizzazione alla trasparenza algoritmica. In particolare, l’idea che l’IA sia anche una questione di giustizia sociale e partecipazione democratica appare matura e rilevante per una riflessione educativa. Gabriella scrive:
«È importante partecipare al dibattito pubblico e chiedere trasparenza: gli algoritmi non devono restare una scatola nera. Anche noi utenti abbiamo una responsabilità politica nell’uso dell’IA.»

3. Critica alla standardizzazione dei testi accademici generati dall’IA
Anna Maria sottolinea il rischio che un uso eccessivo dell’IA possa portare a testi formalmente corretti ma spersonalizzati, evidenziando la necessità di tutelare la diversità stilistica e il pensiero originale anche nei contesti accademici.
«L’IA può migliorare la forma, ma appiattisce lo stile. Il mio testo con l’IA sembrava scritto da qualcun altro. Ho dovuto riscrivere molte parti per ritrovare la mia voce.»

4. IA come “terzo spazio” nella creatività condivisa
La riflessione molto interessante di Giorgia propone l’idea di una “creatività emergente”, come frutto della collaborazione tra logica algoritmica e intuizione umana. È un concetto sofisticato, vicino a recenti teorie sulla co-creazione post-umana.
«La simbiosi tra intelligenza umana e artificiale può dar vita a una creatività condivisa, che emerge come terza entità, dove logica, intuizione e immaginazione si fondono.»

5. La distinzione fra “apprendere con” e “delegare a” come criterio pedagogico chiave
Diverse studentesse (le “due Eleonora” e Gabriella) hanno ripreso questo binomio, ma alcuni lo hanno trasformato in criterio operativo per l’autovalutazione dell’apprendimento, distinguendo l’uso formativo da quello deresponsabilizzante dell’IA. È un concetto che potrebbe essere strutturato in griglie, rubriche o momenti di autoriflessione.
«Apprendere con significa includere l’IA nel processo e poi sviluppare la propria idea. Delegare a significa copiare, senza mettersi in gioco. È sempre sbagliato, anche se fosse un Bignami.»
In riposta a Angela Spinelli

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di CATERINA CANINI -
Prima possibilità.
Mi è capitato più di qualche mese fa di utilizzare l’IA per la prima volta per migliorare un testo di una materia universitaria. Era tanto tempo che sentivo parlare di un sistema di IA ma, sinceramente, non ne ho mai sentito la necessità di usarlo. Un giorno, invece, per curiosità e per sperimentare questo sistema ho voluto dare una chance a me stessa.
Era la prima volta che utilizzavo un sistema di questo genere per poter cercare informazioni varie, curiosità, ma anche cercare una sorta di riassunto o mappe concettuali. In un certo senso, ho voluto sperimentare questo sistema proprio per vedere di cosa si trattasse e se fosse il caso di farne uso o meno. Dopo che l’ho utilizzato, un po' mi sono ricreduta.
Quindi, oltre all’aiuto dell’IA, ho voluto, a tutti i costi, contribuire al lavoro che stavo sviluppando e non affidandomi completamente all’aiuto dell’IA. Ad esempio, ho modificato alcune frasi o termini.
In riposta a Angela Spinelli

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di ANNALISA DE ROSA -
Risposta primo quesito.
Come già affermato in precedenza su un altro forum, non è tanto che conosco e provo ad utilizzare l'IA. La prima volta è stata per chiedere informazioni su una questione relativa alla valutazione di titoli inerenti all'iscrizione ad un determinato concorso.
Sapevo la risposta perché mi ero precedentemente informata all'ufficio territoriale di competenza; ho voluto comunque provare per vedere se le risposte che mi venivano date fossero compatibili con quelle già in mio possesso. Arriva la "sorpresa"! L'esito è stato il contrario. Mi sono domandata:
Che senso ha utilizzarla se genera risposte errate? E perché dovrei continuare ad usufruirne se ogni volta devo verificare se le informazione generate siano corrette? Iniziando pian piano a prendere dimestichezza con questo "strumento" ho provato inserendo il titolo di un testo, o un capitolo per avere una sorta di "spiegazione generale". In questo caso le informazioni erano più o meno corrette, ma ovviamente le andavo sempre a confrontare con il testo in questione. Ammettendo che è sicuramente un supporto che aiuta a semplificare il lavoro , ritengo fondamentale farne un utilizzo critico e consapevole verificando sempre l'attendibilità delle fonti.
In riposta a ANNALISA DE ROSA

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di Angela Spinelli -
Buonasera, propongo una sintesi a beneficio di chi non ha potuto seguire la discussione.

1. DOMANDA: Qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all'IA?
Le risposte convergono attorno a quattro principali rischi:
• Perdita del pensiero critico: diversi interventi segnalano il pericolo che l’uso passivo dell’IA porti allo spegnimento della riflessione personale e alla perdita della capacità di valutare e mettere in discussione contenuti e risposte. È citato il rischio di diventare “esecutori meccanici” (Recchia, Vauperi).
• Dipendenza e disimparare: molti studenti sottolineano il rischio che l’automatismo dell’IA “impigrisca” il pensiero, fino a inibire la creatività, l’autonomia decisionale, la capacità di sintesi o la produzione di contenuti originali (Brandi, Canini, De Vivo).
• Appiattimento dei contenuti: l’uso indiscriminato dell’IA può generare testi privi di originalità, tutti simili, ripetitivi e disancorati dall’esperienza personale. Questo problema è legato anche al rischio di uniformazione culturale e perdita di espressività (De Angelis, Saltimbanco).
• Affidabilità e qualità delle fonti: alcuni interventi (De Rosa, Nardone) mettono in guardia dal rischio di ricevere contenuti errati, superficiali o sbagliati, accentuando l’importanza della verifica delle fonti e della consapevolezza epistemica.

2. DOMANDA: In che modo l’insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?
Le proposte pedagogiche emerse sono articolate e concrete:
• Educare all’uso critico e consapevole dell’IA: l’insegnante è visto come mediatore tecnologico, cioè figura che insegna non solo il “come si usa” ma anche il “quando, perché e con quali conseguenze” (Chiappini, Navarra, Ludovica Berna).
• Esplicitare rischi e potenzialità: l’IA deve essere presentata come strumento utile ma non neutro. L’insegnante dovrebbe guidare gli studenti nell’analisi dei limiti (es. bias, assenza di creatività) e nei dilemmi etici connessi al suo utilizzo (Giulia Patrizi, Ippoliti).
• Promuovere attività riflessive e collaborative: vengono suggeriti modelli didattici in cui l’IA venga integrata in compiti di gruppo, brainstorming, produzione assistita con revisione critica, documentazione del processo (Recchia, Canini).
• Normalizzare l’uso dichiarato dell’IA: emerge l’idea che si debba favorire una cultura di trasparenza, chiedendo agli studenti di esplicitare se e come hanno usato l’IA nei propri elaborati (De Angelis, Caterina Canini).

3. Temi e argomenti trasversali emersi dai vostri interventi
• Responsabilità umana: molti studenti ribadiscono che la responsabilità ultima delle decisioni, dei contenuti e delle scelte valutative resta in capo all’essere umano. L’IA non ha competenza etica né consapevolezza (Chiara Ippoliti, Veronica Venanzi).
• IA come specchio dialogico, non scorciatoia: un’idea originale emerge da Noemi Saltimbanco, che parla dell’IA come specchio che riflette e stimola l’intenzionalità dell’apprendimento, e non come via facile per evitare lo sforzo cognitivo.
• Ruolo dell’insegnante come progettista di esperienze aumentate: alcuni propongono che il docente non si limiti ad accompagnare, ma progetti esperienze didattiche ibride in cui l’IA sia integrata consapevolmente, con metodologie attive (Saltimbanco, Recchia).
• Educazione alla privacy e alla protezione dei dati: pochi ma significativi interventi (es. Nardone, Ippoliti) richiamano il tema della gestione dei dati personali, aprendo a una riflessione su educazione digitale e cittadinanza algoritmica.

Chi non lo ha già fatto può continuare ad intervenire su questi temi facendo attenzione anche alla lettura degli interventi degli altri studenti e studentesse.
Buon lavoro!
In riposta a Angela Spinelli

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di ALESSIA ALATI -

Quando si affida un compito all' IA si rischia di demotivare l'alunno all' uso delle sue potenzialità trovando nell' IA una comodità e una strada più semplice per lo svolgimento del compito. 

L' insegnante può spiegare un uso formativo di questo strumento proponendolo come supporto e non come strumento a tutti gli effetti per svolgere un compito. Dovrebbe sensibilizzare gli alunni su un uso corretto dell' IA anche in situazioni particolari dove può diventare un aiuto per studenti Bes/Dsa. Si può attingere all' IA in modo costruttivo ma non sostitutivo della figura dello studente.

In riposta a Angela Spinelli

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di ROSELLA BUDA -
Il rischio maggiore quando si affida un compito all’intelligenza artificiale è quello di sostituire il processo di apprendimento con una risposta automatica, annullando lo sviluppo del pensiero critico, della creatività e della consapevolezza personale. Se l’IA viene utilizzata solo per ottenere un risultato veloce, lo studente rischia di diventare un fruitore passivo, incapace di valutare la qualità e l’attendibilità delle informazioni prodotte. L’IA, infatti, non è in grado di comprendere a fondo il contesto, le sfumature culturali, né le implicazioni etiche di ciò che propone. Può generare contenuti convincenti ma errati o superficiali. In assenza di una guida, lo studente può assumere tali contenuti come verità, senza sviluppare la capacità di analizzarli, confrontarli o discuterli. Questo comporta una grave perdita di autonomia intellettuale e di senso del compito educativo.

Per evitare questo rischio e favorire un uso davvero formativo degli strumenti di intelligenza artificiale, l’insegnante ha un ruolo fondamentale come mediatore e facilitatore del pensiero. Innanzitutto, è importante che promuova un uso attivo e riflessivo dell’IA, orientato non al semplice “fare il compito”, ma alla comprensione del processo con cui il contenuto viene prodotto. L’insegnante può guidare gli studenti nell’analisi delle risposte generate dall’IA, stimolando domande come: "Questa risposta è fondata? È completa? È coerente con ciò che abbiamo studiato? Quali alternative ci sono?". In questo modo, l’IA diventa uno strumento di confronto e approfondimento, non un sostituto dell’apprendimento.

Inoltre, l’insegnante può proporre attività in cui lo studente elabora un testo con l’IA per poi rielaborarlo criticamente, arricchirlo, sintetizzarlo o modificarlo con un obiettivo preciso, come cambiare stile, punto di vista o pubblico destinatario. In questo modo, l’IA stimola la metacognizione e la riflessione sul linguaggio e sui contenuti.

Infine, l’uso dell’IA in classe può diventare occasione per educare alla cittadinanza digitale: comprendere i limiti, i rischi etici e le potenzialità degli strumenti di intelligenza artificiale significa preparare gli studenti a un futuro in cui queste tecnologie saranno sempre più presenti. L’obiettivo dell’insegnante, quindi, non è solo quello di “controllare” l’uso dell’IA, ma di formare cittadini consapevoli, critici e responsabili, capaci di usare questi strumenti per arricchire il proprio pensiero e non per sostituirlo.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di FRANCESCA PETRICONE -
Mi è capitato di utilizzare l'IA in un esame universitario. L'esame in questione era ''sociologia dell'educazione'', e lo stesso professore ha richiesto di interrogare ed interagire con essa, per rielaborare un'indagine basata su dei film, serie, libri o interviste. Il progetto riguardava la situazione scolastica negli USA, ritratta da film negli anni 2000/2024. Dopo aver interloquito con essa mi sono resa conto di quanto sia stata fondamentale sia per la stesura del progetto, sia per avere una visione più complessa, ma anche per mettere a confronto le mie riflessioni personali rispetto a quelle dell' IA
Quando penso all'intelligenza artificiale, inizialmente la vedo come qualcosa di “magico”, che può risolvere ogni problema in un attimo. Ma la realtà è ben diversa, e l’ho imparato a mie spese: l’IA non è infallibile. Anzi, a volte può fare danni enormi, soprattutto se non ci fermiamo a riflettere su come funziona e su cosa c’è dietro a quei risultati che ci sembrano così certi e imparziali.

Un esempio che mi ha davvero colpito è quello che è successo nel 2020 in Inghilterra. A causa della pandemia, gli esami delle scuole superiori sono stati annullati, e il governo ha deciso di affidarsi a un algoritmo per assegnare i voti agli studenti. L’idea sembrava pratica: usare i dati storici delle scuole e le valutazioni degli insegnanti per dare i voti finali. Ma quello che è successo ha mostrato l’incredibile rischio di fare affidamento solo su dati automatici.
Gli studenti delle scuole più svantaggiate si sono visti abbassare il punteggio, mentre quelli delle scuole più ricche o prestigiose hanno avuto voti più alti. L’algoritmo ha finito per fare disuguaglianze sociali che già esistevano. Questo perché si basava su dati storici: se una scuola aveva sempre avuto risultati bassi, anche gli studenti migliori di quell’anno venivano penalizzati, senza che ci fosse alcun controllo umano per fermare questo errore. In primo luogo, credo che dobbiamo chiedere più trasparenza. Non possiamo permettere che un algoritmo decida senza che nessuno sappia davvero come e perché sta prendendo determinate scelte. E, soprattutto, serve un controllo umano: gli algoritmi possono aiutare, ma non devono mai sostituire il nostro giudizio. Se un algoritmo sta facendo qualcosa che non ci sembra giusto, bisogna avere il coraggio di fermarlo e correggerlo.
In sintesi, l’IA è uno strumento potente, ma dobbiamo usarla con consapevolezza. Non possiamo affidarci a una macchina senza riflettere sulle sue implicazioni. E soprattutto, non dobbiamo mai perdere di vista l’umanità dietro ogni decisione che viene presa, anche da un algoritmo.
In riposta a Angela Spinelli

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di SOPHIA DANGELO -
Io personalmente ho fatto l’esperienza di utilizzare l’intelligenza artificiale per informarmi sulla vita di una nota pedagogista. Il risultato è stato scorretto, poiché mi è stato riferito che la pedagogista in questione, Maria Montessori non avesse figli. Il problema potrebbe derivare da diverse cause, come i dati di partenza, il funzionamento dell’ algoritmo, la mancanza di controllo umano, oppure da una combinazione di più fattori. Io già ero a conoscenza del fatto che Maria Montessori avesse un figlio, quindi non sono stata tratta in inganno, ma se non l’avessi saputo, ci avrei creduto. Per evitare la diffusione di informazioni sbagliate, è importante utilizzare l’intelligenza artificiale come supporto, affiancandola però ad altre fonti affidabili, come i libri.
In riposta a Angela Spinelli

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di SONIA CAMPOLI -
Dopo aver riflettuto riguardo le osservazioni esposte nella sintesi da lei proposta, mi sono resa conto di aver fatto un intervento sterile. Ho esposto le mie paure riguardo l’uso della IA nella scrittura accademica concentrandomi solo su quelle che sono le mie percezioni.
Presa dalla curiosità ho voluto dare una chance a ChatGPT, inserendo nella barra di ricerca Uso dell’IA nella scrittura accademica. La risposta è stata illuminante: ha evidenziato potenzialità e criticità, mettendo in luce questioni che non avrei mai preso in considerazione, come ad esempio il rilevamento del plagio. Ho apprezzato il fatto che possa aiutare a scrivere in modo più inclusivo e che possa aiutare nella correzione grammaticale o ortografica - riguardo quest’ultima sarei stata ben felice di usarla per la stesura della tesi di magistrale, dove purtroppo ho mandato in stampa una tesi con dei refusi che i miei occhi stanchi non hanno notato!
Questo mio voler sperimentare ha sicuramente risolto alcune mie paure; non farò un uso eccessivo, ma sono certa che con tutte le attenzioni del caso possa diventare uno strumento utile. Un uso critico dell’IA per la produzione di testi scritti può essere fatto se si hanno competenze che sono innanzitutto “analogiche”, che poi possono essere integrate con quelle digitali. L’uso dell’IA in questo caso deve essere consapevole e responsabile, perciò sarebbe auspicabile un insegnamento a livello scolastico e accademico attraverso laboratori di scrittura digitale.
In riposta a Angela Spinelli

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di EGLANTINA GREMBI -
Un utente critico dell'intelligenza artificiale (IA) dovrebbe possedere diverse competenze e abilità per valutare, utilizzare e interpretare le tecnologie IA in modo consapevole e responsabile. Ecco alcune delle competenze chiave:

Comprendere i fondamenti delle tecnologie digitali, inclusi software, hardware e algoritmi.
Essere in grado di interpretare e analizzare i dati, comprendendo come vengono raccolti, elaborati e utilizzati dagli algoritmi di IA.
Sviluppare la capacità di valutare le informazioni in modo critico, identificando bias, errori e limitazioni nei modelli di IA.
Conoscere le implicazioni etiche dell'uso dell'IA, inclusi temi come la privacy, la discriminazione, e la trasparenza.
Competenze di base in programmazione**: Avere una comprensione fondamentale della programmazione e degli algoritmi che alimentano l'IA, per valutare la loro efficacia e limitazioni.
Comprendere come l'IA viene applicata in vari settori, come la salute, la finanza, l'istruzione e i trasporti, per valutare l'impatto delle tecnologie in contesti specifici.
Essere in grado di comunicare in modo chiaro e efficace le proprie preoccupazioni e osservazioni sull'uso dell'IA a diversi pubblici, inclusi esperti e non esperti.
Mantenersi aggiornati sulle nuove tecnologie e sviluppi nel campo dell'IA, poiché è un settore in rapida evoluzione.
Lavorare insieme a professionisti di diverse discipline per affrontare le sfide e le opportunità legate all'uso dell'IA.
Riconoscere come la cultura e il contesto sociale influenzano l'adozione e l'impatto dell'IA, e come diverse comunità possono rispondere in modi differenti a queste tecnologie.
Queste competenze possono aiutare un utente a diventare un consumatore critico e informato delle tecnologie IA, contribuendo così a un uso più etico e responsabile.
l'uso dell'IA nei processi valutativi richiede una riflessione attenta e un approccio etico, al fine di garantire che le tecnologie siano utilizzate in modo responsabile e giusto. Apprendere con l'IA è un processo attivo e interattivo che mira a sviluppare competenze, mentre delegare all'IA è un approccio più passivo, in cui si fa affidamento sulla tecnologia per svolgere compiti specifici senza necessariamente acquisire nuove conoscenze nel processo. Entrambi gli approcci hanno i loro vantaggi e possono essere utilizzati in modo complementare a seconda delle esigenze.
In riposta a Angela Spinelli

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di MARCELLA PATANÈ -
Durante il master in Gestione e Sviluppo delle Risorse Umane che ho frequentato in precedenza, ci veniva spesso chiesto di elaborare situazioni problematiche, accompagnate dalle relative proposte di risoluzione, il tutto in tempi molto ristretti, circa 30 minuti. Personalmente, partivo da una bozza del discorso, evidenziando in maniera chiara i punti salienti sia della soluzione critica da me ideata che delle soluzioni, e mi affidavo poi all’AI per rendere il testo più scorrevole e gradevole all’ascolto. Talvolta, quando avevo dei dubbi su una possibile soluzione, verificavo con l’AI se la mia proposta risultasse efficace e coerente.
In riposta a Angela Spinelli

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di IOLANDA CURRO -
Un utente critico è colui che sa come funziona l’IA e deve essere in grado di riconoscere se le fonti sono veritiere e poi valutarle. Alla base ci deve essere la responsabilità di saper utilizzare l’IA.

Si può fare un connubio tra la creatività umana e l’IA. Ad esempio, si possono creare testi e progetti usando il cervello umano e successivamente farsi aiutare dall’IA per organizzare e migliorare il progetto. Sarebbe una collaborazione responsabile.

A livello etico, è importante tenere presente che l’uso dell’IA nella valutazione può sollevare questioni etiche, come la giustizia e la responsabilità. Usare la tecnologia per apprendere è fondamentale. L’insegnante che utilizza l’IA diventa un mediatore tecnologico, aiutando gli studenti a usare l’IA per apprendere meglio.

È realmente apprendere o delegare? L’IA non deve essere uno strumento che si sostituisce all’apprendimento, ma deve essere un mezzo per migliorare il proprio metodo di studio. Delegare all’IA significa affidarle compiti senza partecipare. È importante capire questa differenza per usare la tecnologia in modo efficace.

Cito delle fonti

1. Rapporti e Documenti Internazionali
• UNESCO
UNESCO ha pubblicato vari rapporti sull’impatto dell’IA nell’educazione e sulla necessità di sviluppare competenze digitali critiche. Questi studi evidenziano l’importanza di un uso etico e responsabile dell’IA, nonché il ruolo del docente come mediatore tecnologico.
• OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)
L’OCSE ha rilasciato studi e rapporti (ad esempio nell’ambito del “Future of Education and Skills”) che analizzano come l’innovazione tecnologica, inclusa l’IA, possa trasformare il sistema educativo e quali competenze siano necessarie per un utilizzo critico e consapevole della tecnologia.

2. Fonti e Linee Guida Nazionali
• Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)
Il MIUR pubblica documenti e linee guida che riguardano l’integrazione delle tecnologie digitali nell’istruzione, proponendo strumenti e metodologie per utilizzare l’IA in maniera supportiva, senza sostituirsi al processo di apprendimento attivo degli studenti.
• Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
Attraverso la Gazzetta Ufficiale vengono pubblicate normative e regolamenti che disciplinano l’utilizzo delle tecnologie nell’ambito pubblico e educativo, offrendo un quadro normativo di riferimento per le innovazioni tecnologiche.

3. Studi Accademici e Riviste Specializzate
• Riviste scientifiche come “Computers & Education” e “Journal of Educational Computing Research”
Queste pubblicazioni contengono numerosi studi empirici e di revisione che analizzano il ruolo dell’IA nell’educazione, evidenziando come un uso critico e consapevole della tecnologia possa potenziare il processo di apprendimento, piuttosto che sostituirlo. Gli studi approfondiscono anche le implicazioni etiche e sociali, mettendo in luce la necessità di sviluppare una solida competenza digitale.
• European Commission – White Paper on Artificial Intelligence
Questo documento offre una panoramica sulle politiche europee riguardanti l’IA, sottolineando l’importanza di un approccio etico e responsabile e delineando le sfide e le opportunità che l’IA porta nel contesto educativo e lavorativo.

Questi esempi mostrano come a livello internazionale e nazionale vi siano numerosi studi e fonti ufficiali che possono supportare la riflessione sull’uso critico e responsabile dell’IA, evidenziando la necessità di un approccio che combini creatività, analisi critica e rigore etico.
In riposta a Angela Spinelli

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di ELEONORA ZILLI -
Per rispondere a queste domande, avendo pochissima esperienza con IA e, non nascondo, anche poca conoscenza di essa, ho posto i suddetti quesiti alla stessa IA, proprio per farne esperienza. Quello che ho potuto sperimentare, pronto ed evidente, è di avere SUBITO delle RISPOSTE. Mi si sono aperte quindi due strade:
1) la possibilità di copiare, magari rielaborando qualcosina, su un testo però veramente perfetto;
2) leggere quelle risposte e continuare nella mia ricerca di conoscenza, creando io le risposte.
La sensazione che ho provato avendo delle risposte immediate è stata di frustrazione e sminuimento delle mie capacità. Una specie di vuoto, il contrario di quella piena soddisfazione data dalla ricerca attiva, attraverso testi e approfondimenti di vario genere. In questi giorni, in effetti, proprio per essere capace di rispondere ho cercato podcast in radio (Digital World, Rai cultura) e video di uno youtuber laureato in IA, che argomentava questa nuova tecnologia e ne illustrava pregi e difetti, vantaggi e bias dell'algoritmo.
- L'"utente critico" fa quello che ho fatto personalmente, dunque cerca di conoscere la risorsa, la utilizza e ne trova vantaggi e danni. Decide consapevolmente se utilizzare o meno l'IA, anche solo come punto di partenza per una ricerca che arriverà a quelle risposte attraverso altre vie, meno spersonalizzanti. La formazione dei cittadini si realizza sicuramente attraverso una educazione digitale scolastica per i piccoli e i giovani, e corsi secondari gratuiti ad opera dei comuni e associazioni culturali. Sicuramente si può co-creare con IA, così come si co-crea attraverso la lettura di altre fonti, mantenendo la stessa distanza che si tiene da una qualsiasi altra fonte. Però la scrittura creativa mi sembra molto lontana da questo tipo di approccio, perchè è qualcosa che parte dall'umano e basta.
- Le implicazioni etiche che comporta l'uso di IA sono quelle di chi DELEGA una responsabilità personale ad "altri", quindi una completa conoscenza della risorsa IA e delle possibile falle di sistema, che potrebbero produrre iniquità di giudizio. Probabilmente si rischia un doppio lavoro, pensando ad una facilitazione iniziale. La questione dei bias algoritmici solleva non pochi dubbi, che investono sia i docenti, i datori di lavoro e gli utenti singoli.
- L'insegnante diventa sicuramente ancora più competente perchè, data la capillare diffusione di IA, e la necessità di informazione e conoscenza del mezzo, dovrà fare da mediatore e da stimolatore di un uso critico. Dovrà saper dare informazioni e linee guida senza perdere di riferimento anche l'importanza della ricerca sui libri, che non devono, a mio avviso, perdere la loro importanza nella formazione e nella cultura.
- La differenza tra "apprendere con" e "delegare a" l'IA è esattamente quello che ho provato a sperimentare in questa ricerca di risposte. Apprendere significa anche includere, conoscere, leggere l'IA per poi sviluppare e portare avanti comunque, ed ostinatamente, la propria idea. Mentre delegare significa copiare, non mettere in gioco se stessi e il proprio pensiero. Questo è sempre sbagliato, anche se la risorsa fosse un Bignami cartaceo.
In riposta a Angela Spinelli

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di MARIKA VAUPERI -
1) Un "utente critico" dell'IA dovrebbe possedere diverse competenze tra cui:
• conoscenza approfondita dell’IA, dei suoi algoritmi, del funzionamento delle tecnologie;
• La consapevolezza che le informazioni prodotte dall'IA devono essere verificate perché potrebbero rivelarsi non affidabili;
• Essere informato sulle implicazioni etiche e sociali legate all'uso dell'IA, come il rispetto della privacy, la gestione dei dati, gli algoritmi;
È fondamentale promuovere l'educazione digitale fin dalla scuola primaria, promuovere corsi gratuiti di alfabetizzazione digitale per tutte le fasce d’età, fare più informazione nelle università e anche nei media.
Ad esempio, trovando notizie in rete ho letto di questa documento “il quadro di competenze sull’IA per gli insegnanti pubblicato dall’UNESCO disponibile anche nella versione per gli studenti, che mira a fornire le competenze necessarie per utilizzare in modo responsabile l’IA, e diventare co-creatori di tecnologie innovative. Ecco questa potrebbe essere una risorsa da usare.

- Si può integrare creatività umana e scrittura accademica usando l’IA per fare ricerca, analisi dei dati, suggerimenti sulla formulazione corretta del pensiero, ma il pensiero di base deve avere origine dalla mente umana.

2) L'uso dell'intelligenza artificiale nei processi valutativi comporta sfide significative in termini di responsabilità, equità e trasparenza.
Ecco due problematiche legate:
• Responsabilità algoritmica: Quando un algoritmo è coinvolto in un processo decisionale, emerge la domanda su chi sia responsabile delle sue azioni. Se un algoritmo compie un errore, come una valutazione errata di un candidato o di un cittadino in un processo legale, chi dovrebbe risponderne
• Equità e accesso: Un altro aspetto è l'accesso equo agli strumenti. Le disuguaglianze nell'accesso alla tecnologia, nelle risorse educative o nella capacità di comprendere come funzionano gli algoritmi potrebbero aumentare le disuguaglianze esistenti nella società, svantaggiando coloro che non ne beneficiano. (fonte sito web artea.com)

3). Il ruolo dell’insegnante in un contesto didattico con l’IA cambia. Dalla tradizionale figura di trasmettitore di contenuti l’insegnante può divenire un mediatore tecnologico e una guida per l’utilizzo consapevole. Dal mio punto di vista, vi è sempre la necessità che l’insegnante stesso sia formato adeguatamente e che sia in grado di utilizzare e promuovere l’IA come strumento migliorativo per la didattica, e non in sostituzione della sua figura.

4). “Apprendere con” e “delegare a” sono due processi differenti.
• Apprendere attraverso l’IA significa interagire con essa, ottenere le informazione per confrontarle, fornire suggerimenti. In questo caso l’IA diventa uno strumento, assistente che aiuta lo studente con l’apprendimento ma esso rimane il protagonista.
• Delegare all'IA secondo me può rappresentare un rischio se se ne fa un uso poco appropriato. Si rischia di perdere la capacità di sviluppare competenze critiche e creative senza stimolare il pensiero autonomo.
In riposta a Angela Spinelli

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di SILVIA MARTUCCI -
Essere utenti critici dell’IA: quali competenze servono?

Per usare l’IA in modo consapevole, non basta saperla utilizzare: bisogna anche comprenderne i limiti e gli effetti. Un utente critico dovrebbe avere alcune competenze fondamentali, come la capacità di analizzare le informazioni generate dall’IA, riconoscere possibili errori o distorsioni nei dati e, soprattutto, mantenere uno sguardo attento e riflessivo. Non si tratta solo di imparare a usare uno strumento tecnologico, ma di sviluppare un vero e proprio pensiero critico digitale, che aiuti a distinguere tra un uso consapevole e uno passivo.

Creatività e automazione possono coesistere?

Spesso si teme che affidarsi all’IA nella scrittura possa limitare la creatività, ma in realtà le due cose possono convivere. Per esempio, l’IA può essere utile nella fase iniziale di brainstorming, suggerendo spunti e strutture per un testo. Può anche aiutare nella revisione, correggendo errori grammaticali o migliorando la chiarezza delle frasi. Tuttavia, il pensiero originale e personale resta un elemento insostituibile: l’IA può supportare la scrittura, ma non dovrebbe mai sostituire il processo creativo umano.

Le implicazioni etiche della valutazione con l’IA

Un altro tema centrale riguarda l’uso dell’IA nei processi valutativi. Se da un lato potrebbe rendere le correzioni più rapide e oggettive, dall’altro presenta diversi rischi. Gli algoritmi non sono perfetti e possono avere dei bias, cioè delle distorsioni che penalizzano alcuni studenti rispetto ad altri. Inoltre, l’uso di strumenti automatizzati nella valutazione pone una questione di trasparenza: gli studenti devono sapere in che modo vengono valutati e avere sempre la possibilità di un confronto umano.

Il ruolo dell’insegnante nell’era dell’IA

L’introduzione dell’IA non rende meno importante il ruolo dell’insegnante, anzi, lo trasforma. Il docente diventa una guida che aiuta gli studenti a usare questi strumenti nel modo giusto, promuovendo un approccio critico e riflessivo. In un contesto di didattica aumentata dall’IA, l’insegnante non è più solo colui che trasmette conoscenze, ma anche un mediatore che aiuta a orientarsi tra le nuove tecnologie senza diventarne dipendenti.

Usare l’IA per apprendere o delegare?

Una distinzione fondamentale è quella tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA. Nel primo caso, l’IA diventa un supporto per migliorare le proprie capacità e sviluppare un pensiero più articolato. Nel secondo caso, invece, si rischia di lasciare che la tecnologia faccia tutto il lavoro al posto nostro, con il pericolo di perdere autonomia e spirito critico. È importante, quindi, trovare un equilibrio tra innovazione e responsabilità.

L’IA offre tante opportunità, ma è fondamentale imparare a gestirla nel modo giusto. Non dobbiamo temerla né accettarla passivamente, ma integrarci con essa in un rapporto di collaborazione intelligente. Solo così potremo sfruttarne al meglio i vantaggi senza perdere di vista il valore del pensiero umano.
In riposta a Angela Spinelli

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di LUDOVICA LUCCI -
Inerente all'utilizzo dell'IA diverse sono le competenze che dovrebbe possedere un utente critico, in primo luogo si fa riferimento ad una serie di conoscenze inerenti all'utilizzo dell'IA , in secondo luogo si fa riferimento alla consapevolezza da parte dell'utente del fatto che i risultati forniti dall'IA potrebbero contenere degli errori e di conseguenza risulta essenziale lo sviluppo della cosiddetta capacità critica di pensiero . Dal momento che l'utilizzo dell'IA nel contesto educativo risulta essere sempre più vivo e presente bisogna sottolineare quanto il ruolo dell'insegnante stia cambiando per via del suo utilizzo ma allo stesso tempo bisogna constatare quanto in realtà il singolo insegnante continui ad essere una guida e un punto di riferimento per ogni singolo studente, di fatto nonostante l'IA vada a supportare l'apprendimento tramite continui feedback , il docente continuerà a giocare un ruolo cruciale nell'andare ad incrementare sia la motivazione degli studenti sia nell'andare a creare un ambiente di apprendimento stimolante. In secondo luogo bisogna sottolineare il fatto secondo cui grazie all'utilizzo dell'IA in molte delle attività tecniche ed amministrative gli insegnanti possono spostare il focus dell'attenzione verso lo sviluppo di competenze trasversali, come lo sviluppo del pensiero critico e della creatività. Ancora una volta però bisogna sottolineare il fatto secondo cui la figura dell'insegnante non potrà mai essere sostituita dall'IA poiché quest'ultima non è in grado di gestire le dinamiche sociali che avvengono all'interno della classe .
Nella nostra società l'IA viene utilizzata non soltanto nel contesto scolastico ma in ogni ambito della nostra vita soprattutto a livello lavorativo, proprio su tale punto bisogna sottolineare quanto in realtà in alcuni casi strumenti basati sull'IA hanno prodotto un risultato scorretto o sbilanciato. Dopo un'attenta analisi e un'ampia documentazione, un esempio concreto in cui un algoritmo basato sull'IA ha prodotto risultati errati è il caso del sistema automatico di selezione dei candidati utilizzato da grandi aziende , in tal caso si fa riferimento a quanto accaduto nel 2018 con il cosiddetto caso Amazon. Tale azienda aveva sviluppato un sistema di IA per la selezione del personale e la lettura dei vari curriculum, tuttavia nel momento in cui l'algoritmo veniva utilizzato per valutare i candidati risultava favorire i candidati maschi rispetto alle donne. Le possibili cause del problema potrebbero essere state determinate da un'insufficienza di dati di partenza di fatto tramite un'analisi sul web ho potuto constatare proprio il fatto secondo cui Amazon alimentò il sistema con i curriculum di lavoratori assunti in passato generalmente di sesso maschile dal momento che la maggior parte di essi erano ingegneri o ricoprivano importanti ruoli tecnici. Altra problematica era inerente alla mancanza del controllo umano durante il processo di revisione da parte dell'algoritmo dei vari curriculum e in terzo luogo da un funzionamento errato dell'algoritmo stesso, il quale associava un maggior successo professionale a lavoratori di sesso maschile. Dal mio punto di vista possibili soluzioni da mettere in atto riguardano in primo luogo la messa in atto di un monitoraggio umano continuo, in modo tale da prevenire qualsiasi errore , in secondo luogo risulta essenziale prevenire anche eventuali discriminazioni garantendo così un equilibrio dei vari dati inseriti.
In riposta a Angela Spinelli

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di GIORGIA FERRAIOLI -
Un utente critico dell’IA deve possedere un’apertura mentale, cioè avvicinarsi ad essa valutando sia i benefici sia le potenziali criticità.
Questo implica esplorare le nuove applicazioni dell’IA, mantenendo un atteggiamento critico che consideri le implicazioni etiche e sociali.
Importante è effettuare un’analisi logica, valutare se gli argomenti seguono un filo logico coerente, interpretare i risultati generati dall’IA ed integrarli nel contesto specifico in cui si opera.
L’utente deve inoltre, possedere un’umiltà intellettuale, riconoscendo i propri limiti nell’utilizzo delle nuove tecnologie e l’assunto che per quanto l’IA sia avanzata , può commettere degli errori.
Infine deve sicuramente valutare l’affidabilità e la credibilità delle fonti da cui provengono le informazioni ed esaminare i propri processi di pensiero, attraverso una riflessione metacognitiva.
Ad oggi la domanda che ci poniamo, è in che modo possiamo interagire con l’IA, se esiste un modo etico per farlo,e se è davvero possibile una cooperazione.
Sicuramente la simbiosi tra intelligenza umana e artificiale può dar vita ad una creatività condivisa, che emerge come terza entità, un terzo spazio di creazione, dove logica, intuizione, diversità e immaginazione si fondono e si moltiplicano nei processi di generazione creativa emergente.
Per quanto riguarda l’uso dell’IA nei processi valutativi, esempi di questioni etiche sono la responsabilità e la privacy dei dati, l’equità, la spiegabilità, la solidità, la trasparenza, l’allineamento dei valori, la responsabilità…
Nel contesto della didattica aumentata, il ruolo dell’insegnante non può essere marginale, deve saper accompagnare bambini e ragazzi in un nuovo modo di concepire le cose,svolgendo quella tipica funzione a cui solo un mediatore può assolvere.
La differenza tra apprendere e delegare a l’IA è sostanziale, in quanto nel primo caso imparo, mi immedesimo in questa nuova realtà e cerco di utilizzarla nel quotidiano, al contrario nel secondo caso voglio che la “macchina” in qualche modo mi sostituisca.
In riposta a Angela Spinelli

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di GABRIELLA RUGGIERI -
1) Un utente critico dell'IA deve capire: come funziona, riconoscere errori, valutare le informazioni e usarla in modo responsabile. Per formare cittadini consapevoli è importante sviluppare il pensiero critico, conoscere i limiti dell'IA e riflettere sulle sue implicazioni etiche. L'IA può essere molto d'aiuto nella scrittura accademica, suggerendo idee e migliorando i testi. Secondo me, il miglior approccio è usare l'IA come supporto, senza dipendere completamente da essa.
2) Nei processi di valutazione, l'IA può offrirci velocità e oggettività, ma può anche commettere errori, per questo è essenziale un controllo umano per garantire equità e trasparenza.
3) L'insegnante, in un contesto di didattica aumentata con l'IA, diventa una guida tecnologica. Il suo ruolo è integrare l'IA per personalizzare l'apprendimento, stimolare il pensiero critico e favorire una partecipazione attiva degli studenti.
4) Apprendere con l'IA significa utilizzarla come uno strumento per sviluppare conoscenza e abilità, mantenendo un ruolo attivo nel processo di apprendimento.
Delegare all'IA, invece, significa lasciare che la tecnologia pensi e lavori al posto nostro, rischiando di perdere capacità critiche e autonomia.
In riposta a Angela Spinelli

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di ELEONORA BUCHERI -
Verso un Uso Critico e Responsabile dell’Intelligenza Artificiale nell’Educazione e nella Ricerca.

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha introdotto sfide e opportunità senza precedenti nei campi dell’educazione. Affinché l’IA diventi uno strumento di progresso e non di sostituzione o alienazione, è essenziale promuovere una cultura dell’uso critico e riflessivo di queste tecnologie. Un “utente critico” dell’IA deve avere competenze digitali avanzate, ma soprattutto un forte e solido pensiero critico. Deve saper valutare quanto le fonti dell’informazione fornita siano attendibili, comprendere il funzionamento degli algoritmi e riconoscere le potenziali distorsioni o pregiudizi che possono influenzare il funzionamento degli algoritmi di Intelligenza Artificiale. La formazione di cittadini capaci di usare l’IA in modo responsabile passa attraverso l’educazione alla consapevolezza digitale sin dai primi anni di istruzione e tramite essa si promuove una cultura della verifica e dell’etica dell’uso delle tecnologie. In questo contesto, è fondamentale e importantissimo anche il ruolo delle istituzioni accademiche, che dovrebbero integrare corsi sull’IA nei curricula, fornendo strumenti teorici e pratici per navigare in un panorama tecnologico sempre più complesso.
L’integrazione dell’IA nella vita accademica non deve assolutamente sostituire la creatività umana, ma potenziarla. Strumenti di IA possono aiutare con la generazione di idee, la revisione dei testi e l’analisi dei dati, ma il ruolo del ricercatore rimane centrale nella costruzione dell’argomentazione e nell’interpretazione critica; se non ci fosse l’individuo non ci sarebbe ricerca. Modelli di co-creazione tra umano e IA possono prevedere una fase iniziale di brainstorming, seguita da una rielaborazione critica da parte dell’autore che rende il contenuto unico. Però, è essenziale monitorare l’uso di queste tecnologie per evitare una standardizzazione e uniformazione del pensiero e per garantire la diversità di prospettive che caratterizza la produzione intellettuale umana.
L’uso dell’IA nella valutazione accademica e professionale solleva questioni di responsabilità algoritmica ed equità. L’adozione di sistemi automatizzati per la correzione di test o la selezione di candidati deve essere accompagnata dal controllo umano per evitare discriminazioni e pregiudizi impliciti negli algoritmi. La trasparenza e la tracciabilità delle decisioni prese dall’IA sono essenziali per garantire giustizia e affidabilità nei processi valutativi. Un uso critico dell’IA nella valutazione implica una riflessione sulle metriche utilizzate, evitando di ridurre la complessità delle competenze umane a parametri rigidamente quantitativi.
In un contesto di didattica aumentata dall’IA, il ruolo dell’insegnante si evolve verso quello di “mediatore tecnologico”. Questo significa non solo guidare gli studenti nell’uso consapevole delle tecnologie, ma anche sviluppare nuove strategie didattiche che integrino l’IA senza perdere di vista l’interazione umana. L’insegnante diventa un facilitatore dell’apprendimento personalizzato, sfruttando le potenzialità dell’IA per adattare i contenuti alle esigenze degli studenti senza rinunciare al dialogo e alla riflessione critica. Questo nuovo paradigma didattico pone anche nuove sfide nella formazione degli insegnanti, che devono acquisire competenze tecnologiche avanzate per utilizzare in modo efficace gli strumenti basati sull’IA.

Una distinzione fondamentale nell’uso dell’IA riguarda la differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA. Nel primo caso, l’IA diventa uno strumento per potenziare la capacità di apprendimento, fornendo feedback personalizzati e stimolando la curiosità. Nel secondo caso, si rischia di ridurre il ruolo attivo dello studente, che si limita a recepire passivamente contenuti generati dall’IA. Promuovere un uso strumentale dell’IA, piuttosto che sostitutivo, è cruciale per garantire un apprendimento significativo e autonomo. In questo senso, le istituzioni educative e i decisori politici devono elaborare linee guida chiare per garantire un’integrazione dell’IA che supporti il pensiero critico e non lo atrofizzi.
L’IA offre straordinarie opportunità, ma il suo impatto dipenderà dall’approccio con cui verrà integrata nei processi educativi e accademici. Un’educazione critica e responsabile all’uso dell’IA, unita a un ruolo attivo degli insegnanti e dei ricercatori, può trasformare queste tecnologie in strumenti di potenziamento cognitivo e creativo piuttosto che in semplici sostituti dell’intelligenza umana. L’adozione consapevole di queste tecnologie non può prescindere da un dibattito etico e sociale approfondito, volto a garantire che il progresso tecnologico sia sempre accompagnato da un’evoluzione culturale e umanistica capace di guidarlo con saggezza e responsabilità.
In riposta a Angela Spinelli

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di LUCREZIA CESTRA -
1) Un “utente critico” dell’IA dovrebbe possedere competenze in alfabetizzazione digitale, pensiero critico, consapevolezza etica, valutazione dei rischi ,capacità di adattamento alle nuove tecnologie e competenze di co-creazione con l’IA, per utilizzarla in modo responsabile, riflessivo e consapevole delle sue implicazioni sociali e individuali. Per formare cittadini capaci di usare l’IA in modo responsabile, è essenziale educare alla consapevolezza etica, al pensiero critico e alla responsabilità sociale. In questo contesto, l’IA deve essere vista come uno strumento di potenziamento delle capacità umane, non come un sostituto. Nella scrittura accademica, l’integrazione tra creatività umana e automazione può avvenire attraverso modelli di co-creazione, dove l’IA supporta nella generazione di idee, organizzazione del testo e correzione, mentre l’autore umano mantiene il controllo critico e apporta l’originalità, la riflessione e il giudizio finale. Questo approccio consente di sfruttare il meglio di entrambe le componenti.
2) L’uso dell’IA nei processi valutativi solleva implicazioni etiche legate alla responsabilità algoritmica, poiché diventa difficile attribuire colpe in caso di errori, È fondamentale garantire trasparenza, responsabilità e equità nell’utilizzo dell’IA, assicurandosi che i sistemi di valutazione non perpetuino disuguaglianze e siano giusti per tutti.
3) In un contesto di didattica aumentata dall’IA, il ruolo dell’insegnante si evolve da trasmettitore di conoscenza a mediatore tecnologico. In questo nuovo ruolo, l’insegnante non solo guida gli studenti nell’uso delle tecnologie, ma funge da facilitatore dell’apprendimento, aiutando gli studenti a navigare e a sfruttare al meglio gli strumenti tecnologici per sviluppare competenze critiche e creative.

L’insegnante diventa un esperto nell’integrare l’IA nei processi educativi, usando la tecnologia per personalizzare l’apprendimento, promuovere l’interazione e monitorare i progressi. In questo modo, l’insegnante è chiamato a mediare tra il mondo digitale e quello umano, garantendo che l’uso dell’IA sia etico, equo e rispondente alle esigenze educative
4) Apprendere con l’IA implica che l’intelligenza artificiale è uno strumento di supporto che arricchisce il processo di apprendimento. Gli studenti interagiscono attivamente con la tecnologia, utilizzandola per approfondire contenuti, stimolare creatività e sviluppare competenze critiche.
Delegare a l’IA significa che la tecnologia prende il controllo di parte del processo educativo, con un ruolo sostitutivo. Ad esempio, l’IA potrebbe generare automaticamente contenuti, correggere compiti o prendere decisioni valutative senza l’intervento attivo dell’utente. In questo caso, l’apprendimento rischia di diventare passivo
In riposta a LUCREZIA CESTRA

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di Angela Spinelli -
Sintetizzo i vostri interventi sulla prima domanda e sulla seconda, suddivise di seguito per temi

PRIMO TEMA
Riportate esperienze diversificate di utilizzo dell’IA nella produzione di elaborati accademici, prevalentemente a supporto della ricerca, dell’organizzazione dei contenuti e della revisione linguistica. Emergono due atteggiamenti principali: da un lato, chi ha affrontato l’uso dell’IA con diffidenza iniziale, ma ha poi riconosciuto la sua utilità come strumento di supporto tecnico e riflessione; dall’altro, chi ha integrato l’IA in modo strategico, mantenendo sempre un controllo critico e autoriale. Alcuni hanno impiegato l’IA per correggere errori grammaticali, migliorare la forma espressiva o testare l’efficacia delle proprie argomentazioni, mentre altri ne hanno evidenziato limiti significativi, come la generazione di contenuti errati o non verificabili, sottolineando l’importanza della validazione umana. Nel complesso, si riconosce all’IA un potenziale valore aggiunto, purché venga impiegata consapevolmente e in modo complementare alle capacità personali.

Alla luce delle vostre riflessione vi faccio una domanda: l’AI è per voi un partner di scrittura oppure un sostituto autoriale?

SECONDO TEMA

Molti interventi mostrano una buona consapevolezza dei meccanismi con cui i bias possono emergere nei sistemi di intelligenza artificiale, indicando con chiarezza esempi reali (ad es. il caso Amazon nella selezione del personale) o esperienze personali di interazione con strumenti di ricerca o raccomandazione.Una parte significativa degli interventi ha inoltre riconosciuto la responsabilità del progettista umano nella definizione dei dati di addestramento, nella supervisione dei risultati e nella trasparenza degli algoritmi, mostrando quindi una comprensione del concetto di responsabilità algoritmica. Alcuni hanno ben tematizzato anche la questione dell’equità, collegando l’uso dell’IA a rischi di esclusione, stereotipizzazione o impoverimento dell’esperienza culturale e sociale.
La domanda, in questo caso è: c’è qualcosa che come utenti possiamo fare per concorrere alla diminuzione del problema?

Chiedo a chi desidera intervenire di RISPONDERE DIRETTAMENTE SENZA APRIRE NUOVI POST DI DISCUSSIONE, grazie.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di PETULA CONFALONIERI -
Alla luce delle vostre riflessione vi faccio una domanda: l’AI è per voi un partner di scrittura oppure un sostituto autoriale?

Vedo l'IA come un potente partner di scrittura ,non come un sostituto dell'autore umano ,per diverse motivazioni . E' sicuramente uno strumento di supporto ,può aiutare a generare idee ,assistere nella ricerca di informazioni , nell'organizzazione dei contenuti e nella revisione grammaticale, può essere utilizzata per scoprire nuove forme di scrittura , sperimentare stili diversi e fornire spunti creativi ,ma a mio avviso non può sostituire l'autore umano, perchè la scrittura è un atto personale (emozioni ,esperienze....), l'unicità e la creatività resta dell'autore umano ,la scrittura è un'attività che richiede pensiero critico ,empatia e comprensione del contesto ,cose che l'IA non può ancora replicare .Sicuramente però , la collaborazione tra uomo e IA può portare a nuove forme di espressione .

C’è qualcosa che come utenti possiamo fare per concorrere alla diminuzione del problema?

Si, credo che anche noi utenti possiamo fare la nostra parte ,per esempio usare l'IA in modo consapevole, interrogandoci sempre su come e da dove arrivano le risposte , .Se qualcosa non ci torna ,lo troviamo discriminatorio o parziale ,dobbiamo metterlo in discussione e segnalarlo. Inoltre possiamo variare le nostre domande ,cercando di non alimentare stereotipi con prompt troppo semplici o orientati ,più l'interazione è diversificata ,più aiutiamo l'IA a imparare risposte meno polarizzate .E sopratutto non bisogna dimenticare che l'IA si nutre dei dati che riceve ,ma siamo noi a decidere in che direzione orientarla.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di ILARIA DE CAROLIS -
L'intelligenza artificiale per molti versi secondo me è un sostituto autoriale, in quanto va a sostituire nella scrittura la creatività umana e produce qualsiasi testo o compito in totale autonomia, senza l'aiuto o il contributo dell'uomo.
Però, per altri versi, vedo l'IA come uno strumento molto utile, in quanto ci aiuta a scrivere in modo corretto molti testi universitari o scolastici, ci da tutte le informazioni che gli chiediamo e, inoltre, ci corregge molti errori.
Noi utenti possiamo risolvere il problema andando ad utilizzare l'IA in modo consapevole ed educare le generazioni future all'uso responsabile della tecnologia. Essere consapevoli del proprio ruolo e delle proprie scelte in relazione a questo strumento permette di contribuire al miglioramento dei sistemi basati su IA, facendo pressione per una maggiore responsabilità e equità. Inoltre, è fondamentale la trasparenza, in quanto come utenti, possiamo chiedere maggiore chiarezza su come funzionano gli algoritmi e come vengono selezionati i dati. Infine, secondo me possiamo ridurre il problema andando a segnalare errori e fornire feedback.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di ELEONORA ZILLI -
L'AI non è un sostituto autoriale nel processo di stesura di un testo. Sinceramente è stata partner, e l'ho già detto, per reperire dati tecnici, e non idee. Non l'ho utilizzata neppure per la correzione grammaticale, non avendo grande difficoltà a farlo da sola, automaticamente, mentre scrivo.
Il secondo tema è molto delicato, nonché complesso. Una prima riflessione mi porta a dire che sicuramente non bisogna delegare cecamente una risposta all'AI, come a me viene d'istinto fare, forse perchè non giovanissima. Per cui utilizzare l'AI come UNA possibile risorsa insieme a molte altre, non improvvisamente da scartare a priori. La parola d'ordine è informazione e competenza. Bisogna conoscere lo strumento, riconoscerne i limiti, e di conseguenza muoversi criticamente, non diventando cechi fruitori inconsapevoli. Bisognerebbe a questo punto conoscere le società che creano l'AI, e i criteri etici su cui si fondano, per scegliere QUALE utilizzare. Questo però mi sembra giusto ma davvero arduo da attuare. Sarebbe un altro lavoro prima del lavoro stesso.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di ANNA MARIA DE VIVO -
- Risposta al primo tema:
Secondo me, l'AI è un partner nella scrittura e sicuramente non è, assolutamente, un sostituto autoriale. L'intelligenza artificiale è un efficace supporto anche nel processo creativo, in quanto ci aiuta a generare idee, alla riorganizzazione dei contenuti e nella revisione linguistica. Però, il pensiero critico, l'originalità e la "mano" personale dell'autore rimangono sempre elementi INSOSTITUIBILI! L' AI ci aiuta a migliorare l'efficenza della scrittura, ma non può sostituire la capacità umana di formulare concetti, argomentare in modo originale e adattare i testi al pubblico di riferimento.
- Risposta secondo tema:
Gli utenti possono intervenire: intanto il controllo umano per fare in modo che l'AI sia utilizzata in modo consapevole, conoscendo perfettamente i limiti e i vantaggi, con una preparazione, all'uso, appropriata. Visto che l'AI impara dai dati che riceve, cercare di usare informazioni che rappresentano tutte le persone, evitando di favorire solo alcuni gruppi. Un altro modo, secondo me, sarebbe anche quello di partecipare attivamente al dibattito pubblico alla regolamentazione dell'AI, questo per poter arrivare a formulare leggi e linee di guida che ci aiutano a garantire che l'AI sia equa e che non svantaggi nessuno.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di SABRINA DE ANGELIS -

---Alla luce di tutte le tecnologie presenti nel nostro vivere quotidiano, siano esse macchine (hardware) o algoritmi (software), non possiamo negare che le varie fonti di intelligenza artificiale fanno parte del nostro vivere, lavorare, pensare e agire quotidiano. In tanti casi pensare di poter tornare indietro , e non attingere più a quello che l'IA ci offre , è impensabile. l'IA è un diventato un partner di vita e nel caso specifico della discussione, di scrittura, il cui aiuto aumenta la creatività , offre spunti di riflessione, contenuti multimediali che non sarebbero attingibili in maniera veloce utilizzando una metodica primordiale. Un partner significa , un mezzo di auto aiuto, ma non un sostituto di scrittura, anche perché la parte umana, emozionale, sensoriale ancora non può essere demandata all'IA, si perderebbero le competenze umane e si entrerebbe in una dipendenza tecnologica.

--- Come utenti immersi nella piena era tecnologica dell'IA , dovremmo cogliere le parti di opportunità che essa offre, non prendendola come minaccia ma come risorsa. Dove c'è ignoranza , mancanza di educazione all'uso dell'intelligenza artificiale, quest' ultima viene percepita come un intralcio, una cosa che a volte spaventa, in altri casi viene utilizzata in maniera non consona all'educazione ed istruzione nel nostro caso. Sarebbe necessario inserire sin dalle classi primarie come materia didattica, la tecnologia e l'IA, fornire a tutti i discenti una cultura all'uso dell'IA e per le famiglie in situazioni economiche svantaggiate i macchinari hardware per poter applicare la parte pratica. Educare affinché l'IA diventi l'aspetto collaborativo per l'uomo e non sostitutivo.

 

 

In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di MARIKA VAUPERI -
1) PRIMO TEMA

Per me l’IA è un partner di scrittura, non è un sostituto autoriale. Agisce come uno strumento di supporto, aiutandomi a migliorare la struttura e l’organizzazione del contenuto. Il pensiero originale rimane frutto della mia idea, incrementato dalla ricerca d’informazione. L’IA può aiutare nell’efficenza della scrittura, ma l'autore umano resta il cuore del pensiero originale, con la sua creatività e l'espressione emotiva.

2) SECONDO TEMA

I pregiudizi algoritmici sono una delle principali problematiche che pesano sull’IA con implicazioni etiche e sociali notevoli.
- Come si potrebbe intervenire?

È importante che gli utenti siano formati adeguatamente riguardo l’uso dell’IA, sensibilizzati sui problemi legati alla discriminazione algoritmica. È essenziale monitorare, identificare e correggere i bias, incrementando dati che siano rappresentativi delle diversità e privi di pregiudizi. Ma ciò non è facile, in quanto spesso il pregiudizio insito nel sistema è ignorato, poiché è frutto di bias cognitivi dell’uomo, e la quantità di dati che gli algoritmi analizzano è in continuo aumento.
Un’altra soluzione è quella di regolamentare attraverso delle normative europee, mondiali che promuovano l’uso responsabile e che garantiscano la tutela dei cittadini.
Riflettendo, credo che trovare una soluzione permanente a ciò non sarà affatto facile e dipenderà molto dall’intelligenza umana concorrere a trovare possibili strategie per arginare il problema.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di FRANCESCO PALOMBO -
primo tema: Alla luce di queste riflessioni, per me l’IA è decisamente un partner di scrittura, non un sostituto autoriale. Pur offrendo supporto prezioso nella fase di organizzazione e revisione, l’elemento umano rimane insostituibile per quanto riguarda il pensiero critico, la creatività e la responsabilità intellettuale. Utilizzando l’IA in modo consapevole e complementare, possiamo potenziare la qualità dei nostri elaborati accademici, garantendo allo stesso tempo che il nostro contributo personale e la nostra originalità non vengano oscurati da una dipendenza eccessiva dalla tecnologia.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di CATERINA CANINI -
Primo tema.
Secondo me, l’IA è un partner di scrittura, in quanto affianca e non sostituisce la creatività umana, infatti l’IA può generare idee, migliorare la forma ma il contenuto autentico nasce dall’autore. Usare l’IA per scrivere significa anche valutare, rivedere e integrare ciò che produce, mantenendo il controllo sul messaggio e lo stile. Ovviamente l’IA non può scrivere “da sola”, ma è l’autore che guida, corregge e rifinisce il testo.
La chiave sta nell’integrazione intelligente, cioè, usare l’IA per migliorare il proprio lavoro, non per evitare di farlo.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di DENISE CHIAPPINI -
-Alla luce delle vostre riflessioni vi faccio una domanda: l’AI è per voi un partner di scrittura oppure un sostituto autoriale? 

Alla luce delle riflessioni interessanti emerse dal forum, posso affermare di aver acquisito una maggiore consapevolezza, tanto da considerare, personalmente, l’intelligenza artificiale come un valido partner di supporto alla scrittura, piuttosto che un sostituto autoriale. Ciò che non può essere attribuito all'AI sono i cosiddetti "diritti d'autore", poiché i modelli utilizzati non comprendono realmente il linguaggio naturale, ma lo manipolano in base a richieste che vengono spezzettate in unità di testo. Queste non corrispondono necessariamente a parole, ma sono il risultato di una decodifica numerica basata su codici “fluttuanti” contenuti in un database digitale fittizio (che non si limita a semplici informazioni prese dal web). 
Quindi, la probabilità che quelle unità di testo si coniughino con una certa logica e complementarità all'interno di una risposta, assimilabile al linguaggio naturale, è veramente labile. Non sono una programmatrice né un luminare del sistema, ma non mi è difficile capire che all'intelligenza artificiale manca quella che, se non possedesse uno scrittore, non potrebbe essere considerato propriamente un vero autore: "l'unicità della sua buona penna". Ritengo comunque che l’AI possa essere un valido supporto, ma solo all’interno di un contesto di co-creatività, in cui la formazione umana rimane fondamentale. 

-C’è qualcosa che come utenti possiamo fare per concorrere alla diminuzione del problema? 

Sicuramente, essere una componente attiva nella scelta dell'utilizzo consapevole della tecnologia è un primo passo. Non accettare con passività l'operato dell'intelligenza artificiale, ma porre sempre uno sguardo critico, non dare mai per assodato che si tratti di uno strumento che sa tutto. Sicuramente raccogliere più informazioni possibili può arricchire il nostro bagaglio di conoscenze digitali in continua evoluzione, senza considerare queste tecnologie come appartenenti a un multiverso lontano dalla nostra realtà e dalle nostre esigenze.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di FRANCESCA PETRICONE -
Per me, l'IA è più un partner di scrittura che un sostituto autoriale. La scrittura è un processo creativo, un atto personale che spesso riflette il nostro pensiero, il nostro stile e la nostra voce. L’IA, come la vedo io, non può sostituire queste qualità uniche. Tuttavia, può essere un strumento prezioso per arricchire e supportare il processo creativo.

Mi piace pensare all’IA come a un collaboratore che può aiutarti a generare idee, migliorare la struttura di un testo, suggerire alternative o risolvere difficoltà stilistiche. Però, alla fine, la direzione, la riflessione e la criticità personale che rendono il testo veramente nostro devono venire da noi, dall'autore. L’IA è fantastica nel fornire spunti e risparmiare tempo, ma è sempre l'autore che guida il processo, lo personalizza e gli dà quel tocco finale che lo rende unico e autentico.
Secondo tema:
Educazione e consapevolezza: Imparare come funzionano gli algoritmi per utilizzarli in modo critico e responsabile.
Segnalare errori e discriminazioni: Denunciare quando l'IA genera risultati ingiusti per spingere al miglioramento dei sistemi.
Promuovere il pensiero critico: Incoraggiare l'uso dell'IA come strumento per stimolare il pensiero critico, aiutando gli utenti a interrogarsi sui risultati che gli algoritmi forniscono e a non prendere per buone tutte le informazioni in modo passivo.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di IRENE COLOCCI -
1. Competenze di un utente critico dell’IA:
Un utente critico dell’intelligenza artificiale dovrebbe essere in grado di decidere in maniera responsabile come e quando utilizzare l’IA, consapevole anche dei problemi e delle sfide che potrebbero emergere. Inoltre, deve usare l’IA in modo adeguato e ponderato, tenendo conto dei possibili rischi. Una competenza fondamentale è la capacità di valutare l’affidabilità delle affermazioni generate dall’IA, distinguendo tra informazioni veritiere e quelle potenzialmente imprecise o inaffidabili.

2. Implicazioni etiche dell’uso dell’IA nei processi valutativi:
Ritengo che sia fondamentale sviluppare sistemi di intelligenza artificiale che abbiano criteri di valutazione chiari e trasparenti, in quanto è importante che vengano esplicitati i motivi e i criteri alla base delle decisioni prese dagli algoritmi. Questo non solo aiuta a comprendere meglio il funzionamento del sistema, ma serve anche a prevenire eventuali danni o ingiustizie nei confronti delle persone che si affidano a tali strumenti.

3. Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA:
In un contesto di didattica aumentata dall’IA, il ruolo dell’insegnante cambia profondamente. L’insegnante diventa un “mediatore tecnologico”, un professionista in grado di guidare gli studenti nell’uso critico e consapevole delle tecnologie. Inoltre, deve essere capace di interpretare i risultati generati dall’IA, aiutando gli studenti a comprendere se le informazioni fornite sono adeguate ed efficaci.

4. Qual è la differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
La differenza fondamentale tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA risiede nel grado di coinvolgimento dell’essere umano. “Apprendere con” implica una collaborazione attiva tra l’individuo e l’intelligenza artificiale, dove l’IA è uno strumento che supporta e arricchisce il processo di apprendimento. Al contrario, “delegare a” significa lasciare che l’IA svolga l’intero compito senza intervento umano, riducendo così il ruolo attivo dell’individuo. Per un uso corretto e responsabile dell’IA, è preferibile “apprendere con” piuttosto che “delegare a”.
In riposta a Angela Spinelli

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di ILARIA DE CAROLIS -
1. Le competenze che dovrebbe avere un utente critico dell'intelligenza artificiale sono: il pensiero critico, ovvero essere in grado di analizzare e valutare le informazioni in modo obiettivo. Consapevolezza etica, dove l’utente deve avere la capacità di riflettere sugli aspetti etici legati all’uso dell'IA, come la privacy, e la capacità di adattamento e continuo apprendimento: Poiché la tecnologia evolve rapidamente, bisogna essere in grado di adattarsi e imparare costantemente nuovi strumenti e modalità d'uso.
Per formare dei cittadini capaci di usare l'intelligenza artificiale bisogna, a parer mio, introdurre molto questo strumento nelle scuole, spiegando agli studenti come usufruirne in modo responsabile e utile.
L'applicazione dell'intelligenza artificiale nella creatività umana e nell'automazione della scrittura accademica può portare allo sviluppo di nuove idee e metodi di collaborazione.
2. In un contesto di didattica aumentata dall'IA, il ruolo dell'insegnante cambia ma non scompare. Si evolve per sfruttare le nuove tecnologie a beneficio dell'apprendimento. Alcuni cambiamenti sono che l'IA può analizzare i progressi degli studenti e adattare il materiale in modo che ciascuno riceva contenuti adatti al proprio livello di apprendimento. L'insegnante, quindi, si trasforma in un facilitatore, aiutando gli studenti a sfruttare queste risorse aiutando gli studenti a navigare in modo etico e responsabile.
3. Nel primo caso, ovvero "apprendere con l'IA, esso è uno strumento che supporta e arricchisce il processo educativo, mentre "delegare a l'IA", l'intelligenza artificiale prende il controllo sostituendo l'azione umana.
In riposta a Angela Spinelli

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di ELISA PANELLA -
1. Nell’era dell’intelligenza artificiale, essere un “utente critico” significa sviluppare competenze che vadano oltre la semplice capacità di utilizzo degli strumenti digitali. A tal fine, è necessario investire nell’educazione digitale fin dalle scuole primarie, così da formare cittadini consapevoli dei limiti e delle implicazioni etiche dell’IA, stimolando un atteggiamento riflessivo e responsabile. È fondamentale un’alfabetizzazione tecnologica che permetta di sviluppare competenze come: l’abilità di analizzare e interpretare i risultati prodotti dagli algoritmi, comprendendo le possibili distorsioni; la capacità di valutare la qualità e l’attendibilità delle informazioni generate, distinguendo tra fonti affidabili e contenuti fuorvianti; conoscere i principi di funzionamento dell’IA; sviluppare una consapevolezza etica, interrogandosi sull’impatto sociale e sui rischi dell’automazione nei diversi ambiti.
Affinché queste competenze vengano assimilate dai futuri cittadini, è fondamentale una collaborazione tra istituzioni, aziende tecnologiche ed educatori, così da garantire un approccio equilibrato e consapevole all’uso dell’intelligenza artificiale.

2. Secondo me, la ricerca di modelli di co-creazione tra umano e IA nella scrittura accademica è fondamentale per esplorare nuove modalità di collaborazione tra creatività e automazione. L’IA può supportare l’autore nel raccogliere informazioni, generare bozze e perfezionare il linguaggio, ma la guida interpretativa e critica resta sempre un’attività che spetta all’essere umano. Stimolare questo tipo di co-creazione può portare a risultati più innovativi, dove la tecnologia amplifica la capacità umana di pensare e scrivere, ma senza sostituirla.

3. L’uso dell’IA nei processi valutativi solleva problematiche etiche legate alla responsabilità e all’equità. Gli errori degli algoritmi potrebbero rendere difficile identificare il responsabile; mentre la mancanza di trasparenza potrebbe influenzare l’imparzialità delle valutazioni. È fondamentale che l’uso dell’IA sia sempre affiancato da una supervisione umana.

4. In un contesto di didattica supportata dall’intelligenza artificiale, il ruolo dell’insegnante si trasforma da un semplice trasmettitore di conoscenze a mediatore tecnologico. L’insegnante diventa una figura che guida gli studenti nell’uso consapevole e critico degli strumenti digitali, sfruttando l’IA per personalizzare l’apprendimento e adattarlo alle esigenze individuali. Piuttosto che sostituire la figura educativa, la tecnologia diventa un alleato che arricchisce il processo didattico, lasciando all’insegnante il compito di interpretare i dati, stimolare la creatività e favorire l’interazione umana.

5. “Apprendere con” l’IA significa utilizzare la tecnologia come uno strumento che potenzia le proprie capacità cognitive, favorendo un apprendimento attivo e partecipativo. In questo caso, l’intelligenza artificiale è un supporto che arricchisce il processo educativo, ma l’iniziativa e il controllo restano sotto la responsabilità dell’individuo. Al contrario, “delegare a” l’IA implica affidargli compiti e decisioni, riducendo il coinvolgimento attivo dello studente. Questo uso sostitutivo della tecnologia rischia di rendere lo studente passivo, senza stimolare lo sviluppo delle proprie capacità critiche e riflessive.
In riposta a Angela Spinelli

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di PATRIZIA MORRONE -
Per interagire in modo efficace con l'IA, gli utenti dovrebbero sviluppare diverse competenze: tecniche, come l'alfabetizzazione digitale di base; etiche, circa la responsabilità nell'uso; critiche, riguardo la valutazione dell'affidabilità delle informazioni generate dall'IA. Per la formazione di cittadini capaci di usare l'IA responsabilmente, sarebbe utile integrare l'educazione all'IA nei programmi scolastici a tutti i livelli ma anche creare risorse educative accessibili per diverse fasce d'età e livelli di competenza. Modelli possibili di co-creazione tra umano e IA sono: la scrittura collaborativa, come la strutturazione di un'articolo; una revisione stilistica, per migliorare chiarezza dei testi; sintesi di molti dati da analizzare sotto diversi aspetti; connessioni interdisciplinari. Il ruolo dell'insegnante si sposta dal ruolo di principale fonte di conoscenza a quello di facilitatore dell'apprendimento; da progettista di lezioni a curatore di esperienze di apprendimento,, integrando strumenti di IA in percorsi didattici. C'è una differenza sostanziale tra apprendere con l'IA, che funge da strumento di potenziamento cognitivo e delegare all'IA, dove la tecnologia funziona come sostituto dell'intervento umano, con il rischio che diventi uno strumento di dipendenza.
In riposta a Angela Spinelli

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di MATTEO MARIO NAPOLI -
1. Quali competenze dovrebbe possedere un “utente critico” dell’IA?
Un “utente critico” dell’IA dovrebbe possedere tre competenze fondamentali:
• Consapevolezza del funzionamento dell’IA: Conoscere i principi di base degli algoritmi, dei modelli di apprendimento automatico e dei loro limiti aiuta a comprendere come e perché una IA genera determinati risultati.
• Pensiero critico e valutazione delle fonti: L’IA può generare testi plausibili ma non sempre corretti. È essenziale verificare le informazioni, confrontarle con fonti affidabili e mantenere un atteggiamento analitico.
• Responsabilità etica e uso consapevole: Un utente critico dovrebbe interrogarsi sulle implicazioni dell’IA in termini di privacy, bias e impatti sociali, adottando un approccio etico nel suo utilizzo.

2. Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica?
Sì, esistono diversi modelli di co-creazione tra umano e IA nella scrittura accademica:
• IA come assistente alla ricerca: Gli strumenti di IA possono aiutare a riassumere articoli, individuare fonti pertinenti e suggerire collegamenti tra concetti, lasciando all’umano il compito di interpretare e analizzare.
• Generazione di bozze e brainstorming: L’IA può fornire spunti, schemi logici e suggerimenti stilistici, ma la rielaborazione critica e l’approfondimento rimangono attività umane.
• Revisione e ottimizzazione del linguaggio: L’IA può migliorare la coerenza testuale, correggere errori grammaticali e suggerire modifiche stilistiche, senza però sostituire il pensiero creativo e originale dell’autore.

3. Quali implicazioni etiche comporta l’uso dell’IA nei processi valutativi?
L’uso dell’IA nella valutazione solleva diverse questioni etiche:
• Bias algoritmico e imparzialità: Gli algoritmi possono ereditare pregiudizi dai dati su cui sono addestrati, rischiando di generare valutazioni discriminatorie.
• Trasparenza e spiegabilità: Le decisioni prese da un’IA dovrebbero essere comprensibili e verificabili, evitando il problema delle “scatole nere” in cui il processo di valutazione non è chiaro.
• Responsabilità e equità: Se un’IA valuta studenti o candidati, chi è responsabile di eventuali errori o ingiustizie? La valutazione automatizzata dovrebbe sempre essere accompagnata da una revisione umana per garantire equità e contesto.

4. Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA?
L’insegnante diventa sempre più un mediatore tecnologico, con nuove responsabilità:
• Facilitatore dell’apprendimento personalizzato: L’IA può adattare i contenuti alle esigenze degli studenti, ma è l’insegnante che guida il loro utilizzo, stimolando la riflessione critica e l’interazione.
• Supervisore dell’uso etico della tecnologia: È fondamentale che gli insegnanti insegnino agli studenti a usare l’IA in modo consapevole, evitando la dipendenza passiva e promuovendo l’autonomia.
• Creatore di esperienze didattiche innovative: Gli insegnanti possono integrare strumenti di IA per rendere le lezioni più interattive e coinvolgenti, senza perdere l’aspetto umano della relazione educativa.
L’IA non sostituisce l’insegnante, ma lo affianca, permettendogli di concentrarsi di più sullo sviluppo del pensiero critico e delle competenze trasversali.

5. Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
La distinzione tra apprendere con e delegare a l’IA è cruciale:
• Apprendere con l’IA significa usare la tecnologia come supporto per migliorare la comprensione, stimolare la creatività e approfondire concetti. Ad esempio, utilizzare un’IA per generare spunti di discussione e poi analizzarli criticamente.
• Delegare all’IA significa affidare il processo di apprendimento alla tecnologia senza un’adeguata elaborazione personale, rischiando di perdere la capacità di ragionamento autonomo. Ad esempio, copiare passivamente un testo generato dall’IA senza comprenderlo.
L’approccio corretto è quello dell’uso strumentale e consapevole dell’IA, mantenendo sempre il controllo umano sul processo di apprendimento e sviluppo delle competenze.
In riposta a Angela Spinelli

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di ANNALISA DE ROSA -
- Quali competenze dovrebbe possedere un "utente critico" dell' I.A?
Le competenze che dovrebbe possedere un utente critico dell' I.A, sicuramente devono partire dalla conoscenza delle tecnologie, ma anche dalla capacità di utilizzarle consapevolmente, riconoscendone i limiti; ad esempio verificare l'attendibilità delle informazioni generate dall' A.I, sapendo distinguere i contenuti validi e non; in sostanza deve essere in grado di capire i limiti di questa tecnologia.
- Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica?
Certamente, perché forniscono un supporto concreto nella personalizzazione dell'apprendimento monitorando i progressi degli studenti in tempo reale, fornendo suggerimenti dove ci sia l'esigenza di migliorare. Ad esempio somministrare un test a tutta la classe ( utilizzando una tecnologia didattica come la LIM) fornisce feedback immediati che evidenziano errori e spiegano le risposte corrette. L'automazione invece integra la creatività umana creando un equilibrio che migliora l'efficienza; ad esempio strumenti come chat gpt possono essere utili per fornire spunti, suggerire argomenti mentre la creatività fornisce un'impronta personale per rendere le argomentazioni solide e valide. Fondamentale è il ruolo dell'individuo che deve farne un uso critico e riflessivo che non vada a compromettere la perdita di autonomia e creatività
-Quali implicazioni etiche comporta l'uso dell' I.A nei processi valutativi ?
L'uso dell' I.A nei processi valutativi in ambito scolastico ( come assegnare voti e monitorare i progressi) è un tema delicato e complicato; si può incorrere in errori di valutazione dovuti agli errori che può commettere il sistema. Fondamentale è il ruolo degli insegnanti che non devono affidarsi totalmente all'analisi svolta dall'A.I bensì devono mantenere una "supervisione autonoma". Il tema dell'equità può produrre conseguenze riguardo discriminazioni o creare difformità tra gli studenti in due ambiti:
-Bias nei dati di valutazione. Considerando che gli algoritmi dell' I.A si basano su dati storici, si potrebbero creare pregiudizi o discriminazioni legate al genere alle classi sociali etc..
-Disparità nei risultati. C'è il rischio di creare omogeneizzazione nelle valutazioni favorendo o scoraggiando gli studenti.
-Come cambia il ruolo dell'insegnante in un contesto di didattica aumentata dell'I.A?
Il ruolo dell'insegnante ha subito un mutamento, da dispensatore di conoscenze è diventato un facilitatore che aiuta gli studenti ad approcciare alle nuove conoscenze tecnologiche. E' u "mediatore tecnologico" in quanto facilita l'apprendimento degli studenti personalizzandone i percorsi didattici; li supporta nello sviluppo delle competenze digitali aiutandoli ad utilizzare l'A.I in modo consapevole incoraggiandoli ad utilizzare in modo critico gli strumenti tecnologici senza trascurare la relazione umana.
Parlando della didattica aumentata, è necessario che l'insegnante promuova un apprendimento collaborativo e incentivi gli studenti ad utilizzare nuove tecnologie, ad esempio con piattaforme che favoriscano i lavori di gruppo; quindi creare un ambiente di apprendimento condiviso e interattivo.
-Che differenza c'è tra "apprendere e delegare" a l'I.A?
-Apprendimento: L'apprendimento (acquisire nuove conoscenze o abilità) è un processo di miglioramento crescita e sviluppo sia delle capacità cognitive che pratiche; in questo caso la tecnologia funge da "strumento di supporto" ossia come una risorsa che aiuta a comprendere nuovi concetti ma che non deve sostituirsi all'impegno personale e attivo.
Delegare: Significa trasferire compiti ad un sistema automatizzato; in questo caso il rischio è l'assenza di autonomia .
da parte del "richiedente".
Può essere invece utile utilizzare l'I.A per l'elaborazione di grandi quantità di dati in modo veloce; tuttavia deve esserci un equilibrio onde evitare sia la dipendenza tecnologica che la perdita di autonomia.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di FRANCESCO PALOMBO -
L'uso dell'intelligenza artificiale nel nostro contesto educativo impone di formare cittadini che siano utenti critici e consapevoli, capaci di utilizzare questi strumenti in maniera responsabile e riflessiva. Un utente critico dell'IA deve possedere competenze che vadano oltre la semplice alfabetizzazione digitale: è fondamentale saper analizzare e valutare l'affidabilità dei risultati generati dagli algoritmi, comprendendone i limiti. Ciò significa che la formazione deve includere percorsi che sviluppino non solo capacità tecniche, ma anche una forte consapevolezza etica, in modo da promuovere una riflessione metacognitiva sul ruolo della tecnologia nella società.
In questo contesto, è interessante riflettere anche sui modi per integrare la creatività umana con l'automazione nella scrittura accademica. L'intelligenza artificiale può essere vista come uno strumento di supporto in fase di brainstorming o per strutturare un testo, fornendo spunti e suggerimenti, ma il compito interpretativo e critico resta prerogativa dell'essere umano. La co-creazione tra umano e IA diventa così un modello ideale, in cui la tecnologia stimola nuove prospettive e l'utente mantiene il controllo sul processo creativo, assicurando che il contributo personale e originale non venga oscurato dall'automatismo.
Parallelamente, l'impiego dell'IA nei processi valutativi solleva importanti questioni etiche. L'automatizzazione delle valutazioni comporta il rischio di delegare decisioni critiche a sistemi che possono essere influenzati da pregiudizi insiti nei dati di partenza. La responsabilità algoritmica, ovvero la necessità di individuare chi debba rispondere in caso di errori o discriminazioni, rappresenta un tema centrale. È quindi essenziale che i criteri utilizzati siano trasparenti e comprensibili, garantendo agli studenti la possibilità di contestare e comprendere i risultati ottenuti, in modo da evitare una riduzione del processo valutativo a una mera analisi meccanica.
Allo stesso tempo, l'integrazione dell'IA in ambito didattico trasforma il ruolo dell'insegnante. In un contesto di didattica aumentata, l'insegnante non è più soltanto un dispensatore di conoscenze, ma si configura come mediatore tecnologico, capace di guidare gli studenti nell'uso critico e consapevole delle nuove tecnologie. La sua funzione diventa quella di facilitare l'interazione tra le potenzialità offerte dall'automazione e le esigenze di un apprendimento personalizzato e creativo, assicurando che la tecnologia supporti, piuttosto che sostituire, il valore del rapporto educativo.
Infine, è cruciale distinguere tra l'apprendere con l'IA e il delegare all'IA. Apprendere con l'IA significa utilizzare la tecnologia come strumento integrativo che supporta il ragionamento personale, offrendo spiegazioni alternative e arricchendo il percorso di conoscenza, mentre delegare a un sistema automatizzato il compito di pensare o produrre contenuti rischia di impoverire l'esperienza formativa, eliminando quella componente critica e autonoma essenziale per lo sviluppo intellettuale. In sintesi, la sfida è quella di promuovere un uso strumentale della tecnologia che rafforzi il pensiero critico e la creatività, evitando di affidarsi completamente a sistemi che, pur efficaci, non possono sostituire la complessità del ragionamento umano.
In riposta a Angela Spinelli

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di EGLANTINA GREMBI -
1. Competenze di un utente critico dell’IA:
Un utente critico dell’intelligenza artificiale dovrebbe essere in grado di decidere in maniera responsabile come e quando utilizzare l’IA, consapevole anche dei problemi che potrebbero emergere. Inoltre, deve usare l’IA in modo adeguato e ponderato, tenendo conto dei possibili rischi. Una competenza fondamentale è la capacità di valutare l’affidabilità delle affermazioni generate dall’IA, distinguendo tra informazioni veritiere e quelle potenzialmente imprecise o inaffidabili.

2. Implicazioni etiche dell’uso dell’IA nei processi valutativi:
Ritengo che sia fondamentale sviluppare sistemi di intelligenza artificiale che abbiano criteri di valutazione chiari e trasparenti, in quanto è importante che vengano esplicitati i motivi e i criteri alla base delle decisioni prese dagli algoritmi.
L’IA potrebbe velocizzare il processo di valutazione e renderlo più obiettivo, ma c’è il rischio che non riesca a cogliere aspetti importanti come la creatività o il ragionamento. Per questo è fondamentale che l’essere umano faccia sempre la parte finale del giudizio.

3. Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto ?
L’IA potrebbe velocizzare il processo di valutazione e renderlo più obiettivo, ma c’è il rischio che non riesca a cogliere aspetti importanti come la creatività o il ragionamento. Per questo è fondamentale che l’essere umano faccia sempre la parte finale del giudizio di didattica aumentata dall’IA:
Il controllo dei dati ricevuti deve essere sempre svolto da parte dell'umano che la usa, perché l'IA rischia di fornire dati poco affidabili. Il controllo umano garantisce equità e trasparenza.

4. Qual è la differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
La differenza fondamentale tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA risiede nel grado di coinvolgimento dell’essere umano. “Apprendere con ” implica una collaborazione attiva tra l’individuo e l’intelligenza artificiale, dove l’IA è uno strumento che supporta e arricchisce il processo di apprendimento. Al contrario, “delegare a L'IA ” significa lasciare che essa svolga l’intero compito senza intervento umano, riducendo così il ruolo attivo dell’individuo. La differenza sostanziale è che con il primo termine l’IA diventa uno strumento di supporto, mentre con il secondo diventa uno strumento sostitutivo.
In riposta a Angela Spinelli

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di VALENTINA BUONANOTTE -
1. Un utente critico deve sapere come funzionano gli algoritmi, riconoscere i bias nei dati e fare scelte informate sull’uso dell’IA. È fondamentale educare alla consapevolezza delle implicazioni etiche e sociali dell’IA, per usare queste tecnologie in modo responsabile e sostenibile.

L'IA può supportare la scrittura accademica offrendo spunti e analisi, ma l'autore umano resta essenziale per interpretare i dati e sviluppare contenuti originali. Un buon modello di co-creazione è dove l’IA aiuta, ma la riflessione e la creatività umana guidano il lavoro finale.


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3. Implicazioni etiche dell'IA nei processi valutativi

L’IA nei processi valutativi può generare ingiustizie a causa dei bias nei dati. È importante progettare algoritmi equi, trasparenti e monitorati da esseri umani per garantire che non ci siano discriminazioni o errori nei giudizi.


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4. Il ruolo dell'insegnante nella didattica aumentata dall'IA

L’insegnante diventa un "mediatore tecnologico", aiutando gli studenti a utilizzare l’IA in modo critico e consapevole, mentre l'IA arricchisce l’insegnamento personalizzando l’apprendimento senza sostituire l’insegnante.


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5. Differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA

"Apprendere con" l’IA significa usarla come strumento di supporto, mentre "delegare a" l’IA implica affidarsi completamente alla tecnologia, riducendo l'interazione e la riflessione personale.
In riposta a Angela Spinelli

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di GIULIA BONO -

- Un utente critico deve comprendere i meccanismi dell’IA e i rischi di bias nei dati. È essenziale formare cittadini consapevoli delle implicazioni etiche e sociali, in modo che possano usarla responsabilmente e in modo informato.

- L’IA può supportare la scrittura accademica con analisi e suggerimenti, ma la creatività umana è fondaImentale. L'IA è uno strumento che aiuta, ma la riflessione e l'argomentazione critiche restano compito dell’autore.

- L’uso dell’IA per le valutazioni solleva il rischio di bias. Per garantire giustizia, è necessario sviluppare algoritmi trasparenti e responsabili, sempre sotto la supervisione di esperti umani.

- In un contesto con IA, l’insegnante diventa un facilitatore che guida gli studenti nell’utilizzo critico della tecnologia, integrandola nel processo educativo senza sostituirsi al ruolo umano.

- “Apprendere con” l’IA implica usare la tecnologia come supporto attivo, mentre “delegare a” significa affidarsi completamente a essa, riducendo l’intervento umano e il pensiero critico.

In riposta a Angela Spinelli

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di JESSICA BRANDI -
La mia prima esperienza dell'uso dell'IA è avvenuta durante un progetto di gruppo in università. Il professore ci ha dato delle indicazioni fondamentali su come utilizzare correttamente questo strumento. Ho scoperto che l'IA offre molti vantaggi, come ad esempio la facilità nella rielaborazione di testi, nella ricerca di informazioni specifiche e nell'approfondimento di argomenti. Tuttavia, è importante ricordare che l'IA deve essere un supporto e non può sostituire completamente il nostro lavoro. Affidarsi completamente all'IA potrebbe portarci a diventare meno attivi e curiosi; non solo, rischiamo di rendere i nostri lavori impersonali. Delegare completamente un lavoro all'IA potrebbe farci perdere quella componente personale e unica, risultato di esperienze passate e conoscenze acquisite nel tempo che ci permettono di distinguerci dagli altri. Il rapido sviluppo tecnologico degli ultimi vent'anni richiede una riforma nel campo dell'educazione, che dovrebbe puntare a formare gli studenti con una solida alfabetizzazione digitale. Questi non solo devono saper utilizzare gli strumenti tecnologici, ma anche imparare a farne un uso consapevole e produttivo.
In riposta a Angela Spinelli

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di CATERINA CANINI -
1. Quali competenze dovrebbe possedere un “utente critico” dell’IA?
Un “utente critico” dell’IA dovrebbe possedere determinate competenze che gli permettano di utilizzare questi strumenti in maniera consapevole, efficace e responsabile. Innanzitutto, deve saper distinguere fra dati affidabili e non affidabili generati dall’IA, deve avere la capacità di verifica, ovvero controllare fonti per evitare di diffondere informazioni errate; inoltre, deve possedere il senso critico sull’autenticità, cioè, capire quando un testo è troppo generico e superficiale.
Formare cittadini capaci di usare l’IA in modo responsabile e riflessivo richiede un approccio educativo mirato, che combini competenze tecniche, etiche e critiche. Quindi non basta solo insegnare ad usare l’IA, ma bisogna educare a riflettere sulle sue conseguenze e a prendere decisioni informate.
2. Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica?
L’integrazione tra la creatività umana e l’automazione nella scrittura accademica è possibile quando l’IA viene utilizzata come strumento di supporto e non come sostituto del pensiero critico. Bisogna sfruttare l’efficienza dell’IA senza perdere l’originalità del lavoro accademico.
Secondo me, gli strumenti dell’IA possono suggerire spunti e temi, aiutando così il blocco dell’uomo. Inoltre, l’IA può organizzare informazioni in mappe o schemi e può generare delle bozze iniziali, che poi dovranno essere approfondite dall’uomo.
3. Quali implicazioni etiche comporta l’uso dell’IA nei processi valutativi?
L’uso dell’IA nei processi valutativi solleva varie implicazioni etiche legate alla responsabilità algoritmica, dell’equità e della trasparenza. Quindi, è importante garantire trasparenza e chiarimenti nelle decisioni automatizzate, definire in modo chiaro e preciso la responsabilità in caso di errori dell’algoritmo. Inoltre, se l’automatizzazione delle valutazioni rischia di eliminare il giudizio umano, ciò porterà ad una riduzione di contestualizzare i risultati; quindi, la soluzione potrebbe essere quella di usare l’IA come supporto, non come unico strumento di valutazione, mantenendo un controllo umano sui processi decisionali.
4. Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA?
Nella didattica l’uso dell’IA non sostituisce l’insegnante, ma ne trasforma il ruolo, portandolo a diventare un mediatore tecnologico. Questo significa che l’insegnante non è più solo un trasmettitore di conoscenze, ma un facilitatore dell’apprendimento, vuol dire che guida gli studenti nell’uso critico e consapevole della tecnologia. Ora, attraverso l’IA, gli insegnanti aiutano gli studenti ad interpretare, verificare e approfondire le informazioni generate dalla tecnologia. L’insegnante come mediatore tecnologico aiuta gli studenti a valutare l’attendibilità delle informazioni e ad utilizzare l’IA in modo etico, così da poter usare la tecnologia per stimolare la creatività. Inoltre, l’insegnante può esplorare ed introdurre tecnologie educative innovative e per essere un “mediatore tecnologico”, l’insegnante deve aggiornarsi sulle nuove tecnologie e sulle loro implicazioni educative ed etiche.
5. Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
Innanzitutto, l’IA deve potenziare l’apprendimento, non renderlo meccanico o privo di significato.
“Apprendere con” l’IA vuol dire usarla come strumento di supporto per migliorare il proprio apprendimento, mantenendo ovviamente la responsabilità del processo. L’IA aiuta ad elaborare, approfondire, organizzare le informazioni e lo studente interpreta e verifica. L’IA stimola la riflessione e offre spunti, ma il ragionamento resta umano. Infine, l’IA adatta contenuti e percorsi alle esigenze individuali, ma l’interazione con docenti e compagni è fondamentale.
“Delegare all’IA”, invece, vuol dire affidare completamente all’IA il processo di apprendimento, senza riflessione critica o intervento umano. Qui, al contrario, abbiamo un ruolo passivo dello studente, in quanto l’IA fornisce risposte e contenuti senza che lo studente sviluppi capacità analitiche. Si verifica anche una perdita di pensiero critico, infatti il rischio è accettare le informazioni generate dall’IA senza verificarle o comprenderle realmente. Questo fatto di delegare tutto all’IA può scaturire una dipendenza dalla tecnologia, dove se l’IA sostituisce lo sforzo cognitivo, lo studente potrebbe non acquisire abilità fondamentali.
In riposta a Angela Spinelli

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di ANNA PIRCHI -
Le competenze che un utente critico dell' IA dovrebbe possedere sono:
- capacità di utilizzo della tecnologia IA
- capacità critiche, auto critiche e valutative delle informazioni che si ottengono
- capacità di analisi delle informazioni errate, vere e fuori contesto che fornisce l' IA
- studio pregresso dell' argomento su più fronti per poter capire dove e come l' IA può integrare e arricchire le informazioni
Nella valutazione di un lavoro è importante per chi valuta sapere come e se è stato fatto uso di IA, soprattutto come è stata usata nel lavoro, questo da la possibilità di valutare in modo sereno il lavoro senza intaccare l'etica del professore in questione. Quindi un dialogo aperto tra studente e professore senza pregiudizio è fondamentale per far si che lo studente possa usufruire nel miglior modo possibile dell' IA, anche sotto consiglio e giudizio di persone esperte possibilmente e, al tempo stesso, il professore o chi per lui giudicherà il lavoro avrà un quadro chiaro di cosa e come giudicare.
Personalmente credo che apprendere con l' IA significhi usarla principalmente per ricerca, per appronfondire argomenti facendo domande dettagliate, valutando le fonti ovviamente. Personalmente la utilizzo dopo aver appreso le informazioni che stò studiando, principalmente per quanto riguarda me, dai libri, e poi ricercando formulazioni e spiegazioni più chiare e semplici per apprendere ciò che magari sul libro è formulato in modo complesso.
Delegare l'IA significa affidare compiti senza sapere nulla o quasi di quello che si stà facendo, senza aver studiato o appreso nulla precedentemente e quindi anche senza avere la possibilità di capire se ciò che viene fornito sia errato o corretto, non procedere ad una valutazione dei contenuti ottenuti, ma dare tutto per vero.
In riposta a Angela Spinelli

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di ALESSIA RECCHIA -
L’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente il modo in cui apprendiamo, scriviamo e valutiamo le informazioni. Personalmente, penso che l’IA sia un’opportunità straordinaria, ma il suo utilizzo richiede un approccio critico e consapevole. Da un lato, può supportare la ricerca, facilitare la scrittura e migliorare la revisione di un testo. Dall’altro, se usata in modo passivo, rischia di ridurre l’autonomia di pensiero e la capacità di elaborare argomentazioni personali.

Per questo motivo, è fondamentale sviluppare le competenze di un “utente critico” dell’IA, che non si limiti a utilizzare questi strumenti, ma sappia anche valutarne i limiti, comprendere su quali dati si basano e riflettere sugli aspetti etici del loro impiego. La scuola e l’università dovrebbero educare gli studenti non solo all’uso tecnico dell’IA, ma anche a un suo impiego consapevole, stimolando la capacità di analisi e il pensiero critico.

Uno degli ambiti in cui l’IA può essere integrata in modo positivo è la scrittura accademica. Può offrire suggerimenti, proporre strutture e aiutare a riformulare frasi, ma non può sostituire la creatività e il ragionamento umano. Personalmente, mi è capitato di utilizzare strumenti di IA per creare una prima bozza di un testo, ma il vero valore è nel processo di revisione e rielaborazione: spesso, le idee generate dall’IA sono generiche o prive di profondità, quindi è necessario un intervento critico per dare coerenza e originalità al lavoro.

L’uso dell’IA nella valutazione degli studenti solleva invece questioni etiche complesse. Se da un lato l’automazione può rendere le valutazioni più rapide e standardizzate, dall’altro esiste il rischio che gli algoritmi riproducano bias o non siano in grado di valutare aspetti qualitativi come il pensiero critico o la capacità di argomentazione. Inoltre, chi è responsabile in caso di errore? Un giudizio generato automaticamente può essere contestato? Per questo, ritengo che l’IA possa essere un supporto nella valutazione, ma la componente umana debba restare centrale.

In questo contesto, il ruolo dell’insegnante cambia profondamente. Più che un semplice trasmettitore di conoscenze, diventa un mediatore tecnologico, capace di integrare strumenti digitali nella didattica, selezionare quelli più adatti e guidare gli studenti nella loro interpretazione critica. L’IA non sostituisce l’insegnante, ma lo spinge a reinventare il proprio ruolo, promuovendo un apprendimento più interattivo e personalizzato.

Un punto cruciale è distinguere tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA. Usare l’IA per potenziare il proprio pensiero e approfondire un argomento è positivo, ma affidarsi ciecamente a questi strumenti significa rinunciare alla propria autonomia cognitiva. Per questo, è importante educare a un uso responsabile della tecnologia, insegnando quando può essere utile e quando invece è necessario sviluppare un pensiero indipendente.

Infine, riflettendo sulla mia esperienza, ho notato che l’IA può effettivamente migliorare la scrittura accademica, ma solo se usata in modo attivo e critico. Mi è capitato di sfruttarla per generare idee o strutture testuali, ma poi ho dovuto rivedere e integrare il contenuto per renderlo davvero efficace. Lo stesso vale per la correzione dei testi: l’IA può aiutare a individuare errori grammaticali, ma la coerenza e la qualità del ragionamento restano responsabilità dello scrittore.
In riposta a Angela Spinelli

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di MARTA LANZI -
1.Un utente critico dell’IA dovrebbe possedere competenze digitali avanzate, pensiero critico, consapevolezza etica e comprensione di base del funzionamento degli algoritmi. È importante che sappia interrogarsi sulle fonti, sui dati utilizzati e sui limiti dell’IA. Per formare cittadini capaci di usare l’IA in modo responsabile e riflessivo, occorre educare alla co-creazione: sviluppare progetti in cui l’umano guida e integra l’apporto dell’intelligenza artificiale. Un esempio potrebbe essere la scrittura accademica assistita dall’IA, in cui lo studente può usare l’IA per ottenere spunti, ma poi rielabora con il proprio pensiero, creando un modello di collaborazione tra umano e macchina.

2.Le implicazioni etiche sono: la trasparenza degli algoritmi, la responsabilità delle decisioni automatizzate, e l’equità. L’IA può contenere pregiudizi nei dati su cui è stata addestrata, portando a valutazioni ingiuste e/o discriminatorie,motivo per cui è molto importante un controllo umano nei processi decisionali e valutativi, garantendo che l’IA sia solo uno strumento di supporto e non un giudice autonomo.

3.L’insegnante diventa un mediatore tecnologico: guida gli studenti nell’uso consapevole degli strumenti digitali, stimola il pensiero critico e la creatività.
L’insegnante assume anche un ruolo fondamentale nel selezionare strumenti adeguati e nell’integrare l’IA nel percorso educativo senza sostituire la relazione educativa umana.

4. "Apprendere con” l’IA significa usare questa tecnologia come un supporto, quindi ci stimola, ci suggerisce, ci offre strumenti, ma il processo cognitivo resta attivo e guidato da noi studenti.
competenze"Delegare a” l’IA, invece, significa affidarle il compito di pensare, decidere o produrre al nostro posto, rischiando un impoverimento delle competenze, ma anche di scrivere cose erronee o non del tutto giuste.
In riposta a Angela Spinelli

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di VALENTINA NAVARRA -
Per utilizzare correttamente l’intelligenza artificiale, un cittadino dovrebbe possedere un'adeguata alfabetizzazione digitale, come già sottolineato. Solo attraverso una solida comprensione degli strumenti tecnologici è possibile fare un uso consapevole dell’IA, riconoscendone le potenzialità e i limiti, ed evitando un affidamento passivo o acritico. La co-creazione funziona quando l’IA potenzia, ma non sostituisce, l'intelligenza umana. In ambito scolastico, ad esempio, l’IA potrebbe essere utilizzata in vari modi: per la preparazione di interrogazioni e verifiche, creando domande personalizzate, con lo studente che risponde e chiarisce i propri dubbi, mentre l’IA funge da "allenatore" attivo, senza sostituirsi al processo di apprendimento. Inoltre, nell’ambito dello sviluppo di elaborati scritti, l’IA può migliorare la scrittura, suggerire correzioni e aggiungere nuovi spunti. Anche nella correzione collaborativa, l'IA individua errori grammaticali, ma è lo studente a valutare e modificare in modo consapevole. Ne deriva l'importanza di utilizzare l'IA in modo etico, prestando attenzione ai possibili "effetti collaterali" che potrebbero compromettere l’equità e i diritti fondamentali delle persone. In questo contesto, inevitabilmente, il ruolo dell’insegnante si trasforma. Oltre a trasmettere conoscenze, diventa un mediatore tecnologico che guida gli studenti a un utilizzo consapevole dell’IA, stimolando il pensiero critico, la creatività e il lavoro collaborativo, educando allo stesso tempo alla privacy e alla sicurezza digitale. Inoltre, è importante sottolineare la differenza tra apprendere e delegare all'IA. Apprendere implica acquisire conoscenze in modo attivo, sviluppando riflessione e competenze, mentre delegare all’IA significa affidare compiti o decisioni a un sistema automatizzato, riducendo il coinvolgimento attivo e la comprensione critica. Apprendere stimola la crescita personale, mentre delegare semplifica i compiti, ma limita l'opportunità di sviluppare capacità autonome.
In riposta a VALENTINA NAVARRA

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di Angela Spinelli -
Care e cari,
vi ringrazio per la qualità delle vostre riflessioni: molti interventi dimostrano una crescente consapevolezza critica verso l’uso dell’intelligenza artificiale, in particolare nel contesto educativo. Vorrei rilanciare qui alcuni spunti che mi sono sembrati particolarmente significativi e utili per far progredire il dibattito:

Valutazione automatizzata e responsabilità: è stato giustamente osservato che, anche quando si utilizzano strumenti di IA nei processi valutativi, è essenziale mantenere la trasparenza dei criteri e la supervisione umana finale. Un’IA può velocizzare, ma non sostituire del tutto il discernimento umano, soprattutto per cogliere aspetti qualitativi come la creatività o il ragionamento.

Il ruolo del docente come mediatore tecnologico: l’intervento di Caterina Canini sottolinea bene che l’insegnante, oggi, non è solo trasmettitore di conoscenze, ma facilitatore e guida nell’uso critico degli strumenti digitali. Un ruolo che richiede nuove competenze e un aggiornamento continuo.

Apprendere con vs. delegare a: la metafora dell’IA come “allenatore attivo”, proposta da Valentina Navarra, rende bene l’idea di un’intelligenza artificiale che potenzia – ma non sostituisce – il pensiero umano. Un ottimo punto di partenza per discutere strategie didattiche che stimolino l’autonomia dello studente.

Co-creazione e revisione critica: Alessia Recchia ha evidenziato con efficacia il valore della revisione umana nelle attività di scrittura assistita. L’IA può aiutare a generare idee o strutture, ma la qualità finale dipende dalla nostra capacità di rielaborare e personalizzare.

Dialogo aperto sull’uso dell’IA nei compiti: interessante il suggerimento di Anna Pirchi di promuovere una comunicazione trasparente tra docente e studente riguardo all’uso dell’IA nei lavori didattici. Una proposta che merita di essere discussa anche in chiave di etica della formazione.

Invito chi non è ancora intervenuto a commentare questi spunti o ad aggiungerne di nuovi: qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all’IA? E in che modo l’insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?

Grazie ancora per il vostro impegno.
In riposta a Angela Spinelli

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di PETULA CONFALONIERI -
Qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all'IA ?

Il rischio maggiore quando si affida un compito all'intelligenza artificiale, secondo me, è la perdita del controllo umano critico ,ovvero il pericolo che l'utente umano si affidi ciecamente e passivamente alle decisioni o ai risultati forniti dall'IA .Questo avviene quando si da per scontato che il sistema sia sempre corretto ,più competente di una persona, senza verificarne le fonti e gli eventuali limiti .E questo avviene in diversi modi :- Bias nei dati ,non dimentichiamo che l'IA apprende dai dati che le vengono forniti e se questi dati contengono errori, o stereotipi ,l'IA tenderà a riprodurli ;-responsabilità, se una decisione importante viene presa da un sistema di IA ,a chi spetta la responsabilità? All'IA ,al programmatore o all'utente? Questo può portare a una situazione in cui nessuno risponde delle conseguenze di un errore; ed infine e non meno importante ,-la riduzione delle competenze umane ,infatti affidando all'IA compiti che richiedono giudizio, analisi e creatività , c'è il rischio che l'uomo disimpari a svolgerli, perdendo capacità cognitive e autonomia decisionale.
Quindi per me ,l'uso dell'IA deve essere sempre accompagnato da una supervisione umana consapevole e da strumenti di verifica .L'IA è e deve essere uno strumento al servizio dell'uomo .

In che modo l’insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?

L'insegnante può favorire un uso formativo di intelligenza artificiale guidando gli studenti verso un uso critico ,consapevole e responsabile della tecnologia .Quindi, secondo me, l'insegnante non deve limitarsi ad introdurre l'IA in classe ma deve educare gli studenti, al suo significato ,al suo funzionamento e ai suoi limiti .Per ciò che concerne l'educazione alla comprensione dell'IA, l'insegnante potrebbe in modo semplice spiegare cosa sono gli algoritmi, come funziona il sistema dell'IA ,da dove prendono i dati e quali implicazioni possono avere, cioè portare lo studente a capire come ragiona l'IA.
L'insegnante, inoltre, deve incoraggiare lo studente a non accettare passivamente tutto ciò che l'IA propone ,ma verificarne l'attendibilità, porsi delle domande sui contenuti generati. Può proporre attività in cui l'IA aiuta a generare idee, testi....,ma sempre nel contesto di un processo guidato, dove lo studente è e resta il protagonista. Importante, per me , è chiedere allo studente di documentare il percorso, cioè spiegare come ha usato lo strumento ,cosa ha modificato, perchè ha scelto una certa versione invece di un'altra, facendo si che l'IA diventa parte di un processo formativo e non un semplice creatore di soluzioni .Questo ultimo approccio lo hanno usato diversi professori con noi studenti del corso che frequentiamo.
Solo così secondo me ,l'insegnante può trasformare l'IA da strumento passivo a occasione di apprendimento, aiutando gli studenti a sviluppare non solo competenze digitali ma anche etiche ,critiche e creative.
In riposta a Angela Spinelli

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di CAMILLA NARDONE -
Il rischio maggiore quando ci si rivolge all'intelligenza artificiale secondo me è dovuto sia che l'uomo affidandosi ciecamente di questa intelligenza perda completamente l'uso della ragione e di esprimere il proprio punto personale .
si affida a questi strumenti teconlogici per qualunque emotivo anche se sono rapidi e efficienti però potrebbero anche quest'ultimi non essere del tutto precisi .
Manca poi il sentimento e l'empatia che l'intelligenza artificiale non potrebbe mai provare.
un altro aspetto negativo di rivolgerci a questi strumenti è come vengono trattati i nostri dati personali che si ritrovano completamente in mano a queste tecnologie .
addirirttura hanno la capacità di ascoltare le nostre conversazioni senza che noi possiamo rendercene conto .
il compito dell'insegnante per far sì che lo studente possa utilizzare appropriatamente questi strumenti deve : far comprenderne sia il funzionamento sia come evitare che i propri dati vengano protetti , mostrare come AI possa essere utilizzato per poter facilitare la vita in molti settori .
Fare ricerche appropriate affinchè le informazioni vengono apprese e trasmesse all'uomo in maniera adeguata.

L'insegnate deve far capire quali attività gli studenti possono utilizzare Ai e in che modalità questi strumenti possano facilitare qualuque tipo di attività.
Ai ora mai fa' parte della nostra società ed è fondamentale capire come poterla collegare con tutte le discipline.
In riposta a Angela Spinelli

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di ALESSIA RECCHIA -
1. Qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all'IA?

Uno dei rischi maggiori di quando si affida un compito all’IA è quello di “spegnere” il pensiero critico, cioè smettere di porsi domande.
Come ho scritto nel testo, usare l’IA in modo passivo può ridurre l’autonomia di pensiero e portare a una dipendenza dagli strumenti, senza un vero coinvolgimento personale.
Difatti, l’intelligenza artificiale è in grado di produrre testi ben scritti, ordinati, ma il vero pericolo nasce quando la persona li accetta in modo passivo, senza valutarne il contenuto, senza chiedersi se siano davvero corretti o adatti al contesto.
In questo modo, si rischia di diventare esecutori meccanici di ciò che l’IA propone, perdendo la possibilità di esprimere un pensiero personale. Questo non danneggia solo la qualità del lavoro svolto, ma ostacola anche lo sviluppo intellettuale. Apprendere significa mettersi in gioco, commettere errori, cercare di maturare un punto di vista autonomo.

2. In che modo l'insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?

L’insegnante può avere un ruolo fondamentale nel trasformare l’uso dell’IA in un’opportunità di apprendimento attivo e consapevole. Per riuscirci, è importante che non si limiti a insegnare l’aspetto tecnico, ma accompagni gli studenti nella comprensione di come funzionano questi strumenti, da dove traggono le informazioni e quali limiti possono avere. Non basta sapere come usarli: serve capire quando e perché farlo.
Un modo efficace e originale per favorire un uso formativo dell’IA potrebbe essere quello di proporre attività collaborative, dove gli studenti lavorano in coppia o in gruppo: uno utilizza l’IA per generare un contenuto e l’altro lo analizza criticamente, cercando errori, incoerenze o punti migliorabili. Questo metodo stimola il confronto e rende l’uso dell’IA parte di un dialogo, non di un processo individuale e passivo.
In riposta a Angela Spinelli

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di ANNA MARIA DE VIVO -
Qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all'AI? E in che modo l'insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?
Secondo me, i rischi sono diversi: perdita del pensiero critico; troppa affidabilità porta il rischio di incappare in errori; spersonalizzazione e un compito che diventa sterile; ecc... Ma il rischio maggiore nel delegare un compito all'AI, è la perdita di autonomia, tutto è fatto senza sentimento personale, senza ricerca, perdendo quell'interesse che stimola la creatività nell' elaborazione di un concetto da esprimere. Ed è così che, spesso, i compiti affidati non rimangano nella memoria di chi li ha svolti. L'essere umano ha bisogno di elaborare personalmente le sue esperienze per sviluppare le sue capacità e concetti mentali. L'AI che è utile come strumento di supporto deve essere sempre tenuto sotto il controllo vigile dell'umano. Come fare? A questa domanda rispondo utilizzando le capacità degli insegnanti (formati, in quanto oggi l'AI fa parte del nostro immaginario collettivo), devono avere competenze digitali per educare e formare gli studenti all'uso dell'intelligenza artificiale. Non possiamo più ignorare il fatto che l'AI non sia uno strumento neutro, quindi si può insegnare ai ragazzi i punti deboli e i punti di forza di questi nuovi strumenti. Stimolarli ad un lavoro di ricerca incrociato, con altri mezzi di informazione, per verificare la veridicità del dato chiesto all'Ai. Gli studenti attraverso i loro insegnanti diventano, così, consapevoli e non perdono il loro senso critico e la loro creatività. Così gli insegnanti favoriscono davvero l'uso formativo si questi strumenti.
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di SABRINA DE ANGELIS -

Il rischio maggiore in cui si può incorrere, quando si affida totalmente un compito all'IA in ambito didattico, riguarda la possibile contaminazione delle notizie, se quest'ultime non vengono valutate da un utente critico e preparato, il quale dovrebbe vagliare possibili fake che il sistema acquisisce tra tante informazioni presenti in rete. Altro rischio riguarda un appiattimento totale dei contenuti, con perdita di creatività, personalizzazione e innovazione espositiva e rischio di creazione di contenuti tutti uguali e poco coinvolgenti. Altro rischio è creare una dipendenza tecnologica, abbassando la propria autostima, pensando di non essere in grado di effettuare compiti se non aiutati. Altro rischio è quello di abbandonare il pensiero critico, attitudine che differenzia l'uomo da tutte le altre realtà esistenti.

 

L'insegnante ha il compito di essere un Leader formativo verso l' utilizzo consapevole di questi strumenti informatici, seguendo gli allievi e dosando con metodo l' utilizzo dell'IA dove può favorire l'apprendimento. Un esempio di uso formativo dell'IA nella didattica, sono i test a risposta multipla che stiamo utilizzando anche noi nel corso di Didattica, che aiutano a fissare i contenuti, allenano alle acquisizioni di nuovi saperi coinvolgendo i discenti. Anche l'utilizzo consapevole e dichiarato dell'IA da parte del discente, sotto richiesta del docente fa parte di un percorso formativo attivo , dove l' utilizzo dell'IA diventa da passivo ad attivo , con conoscenza dei percorsi utilizzati ,  consapevolezza e studio dei contenuti utilizzati e non subiti.



 

In riposta a Angela Spinelli

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di MARIKA VAUPERI -
1. Quando si affida un compito all’IA il rischio maggiore è quello che si crei una dipendenza e un appiattimento del pensiero critico.
L’uso dell’IA potrebbe “impigrire” il processo di ragionamento, grazie alla rapidità con cui fornisce risposte ed argomentazioni e alla loro struttura già pronta. Questo comporta un modo semplice e veloce per formulare pensieri, anche corretti, senza impegnarsi attivamente nel ragionamento.
Sebbene questa via possa sembrare vantaggiosa inizialmente, finisce per non allenare la mente, ad omologare i pensieri e ad una passiva accettazione di un pensiero non proprio, solo per produrre un testo migliore.
Un uso eccessivo e sostitutivo dell'IA potrebbe infine portare alla dipendenza, utilizzandola anche per i ragionamenti più banali.

2. L’insegnante può favorire un uso formativo dell’IA presentandola agli studenti in modo trasparente, evidenziando le caratteristiche principali, i vantaggi e i rischi. Un primo passo utile sarebbe sperimentare insieme in classe, utilizzando metodologie, discussioni e dibattiti simili a quelli che stiamo affrontando in questi forum, poiché in questo modo si possono acquisire maggiori informazioni e confrontarsi con diversi punti di vista. Quindi organizzare attività con le quali gli studenti possano usare a livello pratico e concreto l’IA, sperimentare con essa, conoscerla profondamente ed imparare ad impiegarla sfruttando tutte le potenzialità.
In riposta a Angela Spinelli

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di CATERINA CANINI -
1. Qual è, secondo voi, il rischio maggiore quando si affida un compito all’IA?
Uno dei rischi maggiori nel delegare un compito all’IA è quello di perdere il controllo critico sul contenuto prodotto, cioè, accettare in maniera del tutto passiva ciò che l’IA propone senza verificarlo, interpretarlo o modificarlo.
Inoltre, possono esserci ulteriori rischi, ad esempio:
-si rischia di non sviluppare competenze molto importanti, come il ragionamento, la creatività e l’analisi.
-accettare risposte sbagliate, superficiali o imprecise, senza metterle in discussione.
-rinunciare alla riflessione personale, che è un aspetto molto fondamentale in ambito scolastico, accademico e professionale.
-si rischia di non saper più svolgere certi compiti senza l’aiuto dell’IA, come scrivere, sintetizzare o risolvere problemi.
In sostanza, sta a noi usare l’IA in maniera consapevole e responsabile; delegare sì, ma sempre con un certo giudizio e supervisione.
2. In che modo l’insegnante può favorire un uso davvero formativo di questi strumenti?
L’insegnante svolge un ruolo molto importante nel guidare gli studenti verso un uso formativo, critico e consapevole dell’IA. Non si tratta solo di “permettere o vietare” questi strumenti, ma di educare all’uso intelligente e responsabile.
L’insegnante può favorire un uso formativo di questi strumenti in vari modi: può proporre delle attività in cui l’IA supporta, ma non sostituisce il pensiero personale: ad esempio, far usare l’IA per generare spunti o domande, che poi gli studenti dovranno sviluppare e discutere.
Mostrare come l’IA può aiutare a riformulare un testo, ma poi chiedere una revisione critica fatta dallo studente.
L’insegnante può stimolare riflessioni su:
-il confine tra ispirazione e plagio
-la trasparenza: dichiarare quando e come si è usata l’IA.
L’insegnante stesso può usare l’IA in aula (per creare materiali, quiz, esempi) e spiegare come e perché lo fa. Questo aiuta a normalizzare un uso trasparente e riflessivo, mostrando che l’IA può essere un alleato, ma non un sostituto del pensiero.
In riposta a Angela Spinelli

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di FRANCESCA PETRICONE -
Quando penso ai rischi di usare l’IA per fare un compito, quello che mi preoccupa di più è che potremmo finire per perdere il nostro pensiero critico. Se ci affidiamo troppo alla tecnologia, rischiamo di non mettere più in gioco la nostra creatività e il nostro giudizio. L'IA può essere un aiuto, ma non può sostituire quello che noi possiamo aggiungere a un lavoro, come il nostro punto di vista o le intuizioni che solo noi possiamo avere.
Per quanto riguarda il ruolo dell'insegnante, penso che sia fondamentale che ci aiuti a usare l’IA in modo critico e consapevole. Un insegnante dovrebbe farci capire che l'IA è uno strumento utile, ma non può fare tutto al posto nostro. Per esempio, dovrebbe incoraggiarci a verificare sempre quello che l'IA suggerisce e a riflettere su come arriviamo a certi risultati.
In riposta a Angela Spinelli

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di CHIARA IPPOLITI -
-Una persona che vuole usare l'IA in modo responsabile dovrebbe essere consapevole che, come ogni tecnologia potente, può creare dipendenza se utilizzata in modo sbagliato o eccessivo. L'IA deve essere vista come un alleato, ma non può sostituire il pensiero umano. Deve esserci un equilibrio: l'IA può assistere e migliorare il lavoro, ma il 99% del valore deve venire dalla mente umana, non il contrario.
Nella scrittura accademica, l'IA potrebbe svolgere diversi ruoli utili. Ad esempio, potrebbe aiutare nell’organizzazione delle idee, suggerire ricerche o fonti, correggere errori grammaticali e stilistici, e anche ottimizzare la struttura del testo. Tuttavia, la parte cruciale ovvero la definizione delle argomentazioni, l'interpretazione dei dati, e la creazione di contenuti originali, deve rimanere nelle mani dell'autore umano. In questo modo, l’IA può migliorare l'efficienza, ma senza sostituire la creatività e la capacità critica necessarie per un lavoro accademico di valore.

-L’utilizzo dell’IA potrebbe portare a situazioni etiche problematiche. Ad esempio, nel caso in cui l'IA venga utilizzata per generare un testo, potrebbe accadere che vengano inserite informazioni errate, provenienti da fonti poco affidabili o addirittura eticamente problematiche. Questo solleva un tema fondamentale: chi è responsabile se ciò accade? La responsabilità dell'uso dell'IA è essenziale. Se un testo generato contiene errori o informazioni distorte, la responsabilità ricade sull’uomo che ha deciso di utilizzare l'IA, poiché l’algoritmo stesso non ha una consapevolezza etica. Di conseguenza, è cruciale che l'umano mantenga sempre un ruolo attivo nel processo, monitorando e correggendo i contenuti generati, per garantire che siano affidabili, corretti ed eticamente appropriati.

-Il ruolo dell'insegnante, che diventa un vero e proprio mediatore tecnologico, implica che essa o esso debba saper guidare gli studenti nell'uso corretto e consapevole delle tecnologie e del software. L'insegnante dovrebbe essere la prima a fare in modo che gli studenti non solo comprendano come utilizzare efficacemente gli strumenti tecnologici, ma anche che sviluppino una prospettiva critica e responsabile riguardo all'uso delle tecnologie stesse.È importante che l'insegnante insegni agli studenti non solo a usare il software, ma anche a comprendere gli aspetti etici e sociali legati all'uso della tecnologia e, ciò include il rispetto della privacy, la protezione dei dati personali e la consapevolezza riguardo alla gestione delle informazioni online.

-La differenza tra 'apprendere con' e 'delegare a' l'IA è fondamentale per comprendere l'uso responsabile e vantaggioso della tecnologia. Apprendere con' l'IA significa integrarla come strumento che arricchisce l'apprendimento. Non è solo una questione di ricevere risposte, ma di utilizzare l'IA come partner per stimolare il pensiero, porre domande e generare idee che possono essere poi esplorate e sviluppate. Ad esempio, può essere utile per esplorare argomenti complessi o generare spunti creativi che una persona non avrebbe considerato. In questo contesto, l'IA è vista come una risorsa che affianca l'utente, ma non lo sostituisce mai, mantenendo sempre un ruolo attivo nel processo di apprendimento.
ESEMPIO: Un alunno usa un'applicazione di IA per sviluppare un progetto di ricerca su un argomento che non conosce. L'IA può suggerire risorse, presentare diverse angolazioni e aiutare a raccogliere informazioni, ma spetta allo studente fare delle scelte consapevoli, analizzare i dati e creare una conclusione basata sul proprio giudizio. In questo modo, l'IA è uno strumento di apprendimento, ma non un sostituto del processo di riflessione e sintesi dell'alunno.
Al contrario, delegare l'IA comporta un abbandono del processo cognitivo, dove l’individuo si affida completamente alla macchina per compiere operazioni che potrebbero essere fatte autonomamente. Questo non solo indebolisce la capacità di analisi e di decisione, ma può anche portare a una riduzione dell'impegno intellettuale.
ESEMPIO: In un contesto scolastico, delegare a l'IA potrebbe significare per uno studente usare un programma per scrivere un intero testo, senza fare alcuna ricerca personale o riflessione sul tema. Se uno studente delega completamente all'IA la scrittura del suo elaborato, perde l'opportunità di sviluppare le proprie capacità di pensiero critico, di argomentazione e di scrittura.
In riposta a Angela Spinelli

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di GIULIA PATRIZI -
-Un utente e cittadino critico, e in grado di utilizzare l’IA, deve essere necessariamente consapevole del proprio percorso formativo e del valore del proprio pensiero critico, frutto di anni di studio e sacrifici. L’utilizzo dell’IA non deve sostituire tali competenze, se non rappresentare un valore aggiunto, da impiegare con attenzione e responsabilità.
È fondamentale che l’utente agisca secondo principi etici e di correttezza, sapendo valutare criticamente le fonti e riconoscendo i limiti degli strumenti di intelligenza artificiale, inclusi bias, errori informativi e mancanza di trasparenza nei processi di generazione dei contenuti.
In questo senso, l’utente critico non delega all’IA il proprio ruolo attivo nel pensiero e nell’analisi, ma la integra solo se necessaria a potenziare (e non a sostituire) le proprie capacità intellettive, nel rispetto della responsabilità individuale e collettiva nell’uso delle tecnologie.
-L’integrazione tra creatività umana e automazione è possibile, a patto che venga mantenuto un equilibrio tra il contributo personale dello studente e il supporto fornito dall’IA. L’IA è in grado di offrire strumenti utili alla semplificazione dello studio, come la creazione di mappe concettuali, flashcards, spiegazioni di concetti complessi, revisioni grammaticali o traduzioni istantanee.
Tuttavia, credo che l’IA debba essere impiegata in una fase finale del percorso di apprendimento, quando lo studente ha già acquisito criticamente i contenuti. Solo in quel momento, l’IA può rappresentare un valido supporto per approfondire, ripassare o sintetizzare il materiale di studio in modo efficace.
-A mio parere, l’uso dell’IA nei processi valutativi rischia di generare giudizi privi di validi criteri e sbilanciati, ignorando l’aspetto umano ed empatico che dovrebbe caratterizzare ogni valutazione.
Quest’ultima, infatti, non è solamente un dato o un numero, ma ha un peso etico, che nasce da una relazione concreta tra docente e studente.
Credo che l’IA non potrà mai sostituire il ruolo dell’insegnante, che resta una figura indiscussa e insostituibile nella comprensione e valutazione del percorso individuale di uno studente. Al massimo, l’IA può essere utilizzata come supporto per una facilitazione dell’organizzazione dei dati, ma la responsabilità finale deve rimanere nelle mani di chi è in grado di unire empatia, competenze e giudizio critico.
-In un mondo in cui l’IA sta progressivamente e spaventosamente prendendo il sopravvento, credo che il ruolo del docente sia più cruciale. L’insegnante deve essere in grado di trasmettere la passione per lo studio, il valore della critica e l’importanza delle idee individuali, tanto diverse quanto fondamentali, per dei dibattiti costruttivi.
L’IA, in questo contesto, non deve essere vista come un sostituto del docente, ma come uno strumento che possa facilitare l’accesso alla conoscenza. Essa è in grado di semplificare concetti complessi, renderli più originali e interessanti, ma non può e non deve ridurre l’importanza della creatività e della personalizzazione nell’apprendimento. Un docente deve ricordare agli studenti che il valore delle proprie idee, anche in un’epoca in cui la tecnologia è ormai parte integrante della loro vita quotidiana.
-La differenza tra apprendere e delegare all’Intelligenza Artificiale è purtroppo cruciale per preservare l’originalità del pensiero umano. Delegare i propri compiti e pensieri ad un algoritmo rischia di deresponsabilizzare l’individuo e di annullare il valore delle proprie idee e capacità critiche. Invece, Apprendere, supportati dall’IA, significherebbe invece collaborare con essa in modo consapevole, utilizzandola come uno strumento che, se usato correttamente, può stimolare la creatività e l’innovazione. L’IA deve limitarsi a proporre nuove ed interessanti attività che possano essere uno spunto o suggerimento per l'individuo, senza sostituirlo però nel processo di riflessione personale.
Sta a noi decidere come utilizzare l'IA in modo tale che rimanga uno strumento di supporto, e sta a noi educare la società a fare un uso corretto ed originale di essa.
In riposta a Angela Spinelli

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di VERONICA VENANZI -
Quali competenze dovrebbe possedere un “utente critico” dell’IA?
Un utente critico dell’IA dovrebbe possedere competenze digitali avanzate, ma anche capacità di analisi, riflessione e valutazione etica. È fondamentale che sappia distinguere tra contenuti affidabili e non, riconoscere eventuali bias presenti nei testi generati dall’IA e comprendere i limiti di questi strumenti. Inoltre, è importante che sia in grado di usare l’IA in modo responsabile, senza delegare completamente il proprio pensiero, mantenendo una posizione attiva e consapevole.
Esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica? Stimola la ricerca di modelli di co-creazione tra umano e IA?
Sì, esistono diversi modi per integrare creatività umana e automazione. L’IA può offrire spunti, suggerimenti lessicali e strutturali, ma è la persona a dare senso e profondità al testo. La scrittura può diventare un processo di co-creazione, dove l’IA è uno strumento che affianca lo studente nel generare idee, organizzare contenuti o proporre alternative, ma senza mai sostituirne la creatività, l’esperienza e la capacità critica.
Quali implicazioni etiche comporta l’uso dell’IA nei processi valutativi?
L’uso dell’IA nei processi valutativi solleva questioni complesse. Se l’IA viene usata per valutare elaborati o prestazioni, bisogna garantire trasparenza sugli algoritmi utilizzati, equità nei criteri di valutazione e rispetto per la soggettività del pensiero umano. Esiste il rischio di standardizzare troppo, trascurando la diversità di approcci e l’originalità. Inoltre, si deve considerare la responsabilità dell’essere umano nell’interpretare e confermare il giudizio dell’IA.
Come cambia il ruolo dell’insegnante in un contesto di didattica aumentata dall’IA? Si apre alla prospettiva dell’insegnante come “mediatore tecnologico”?
Sì, l’insegnante diventa sempre più un mediatore tecnologico: una figura che guida gli studenti nell’uso consapevole e critico dell’IA. Non si limita più a trasmettere conoscenze, ma accompagna i ragazzi nell’interpretazione dei contenuti generati, promuove il pensiero autonomo e l’etica digitale, e incoraggia la riflessione su come e quando usare l’IA. Il docente diventa una guida fondamentale nel distinguere tra apprendimento autentico e uso passivo della tecnologia.
Che differenza c’è tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA?
“Apprendere con” l’IA significa utilizzare l’intelligenza artificiale come uno strumento di supporto: si rimane protagonisti del proprio apprendimento, sfruttando le potenzialità dell’IA per approfondire, rielaborare e stimolare la riflessione. “Delegare a” l’IA, invece, implica un atteggiamento passivo, dove lo studente rinuncia alla propria responsabilità cognitiva e lascia che sia la macchina a pensare o a decidere al suo posto. La distinzione è cruciale per favorire un uso strumentale e consapevole della tecnologia, evitando che diventi un sostituto del pensiero umano.
In riposta a Angela Spinelli

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di NOEMI SALTIMBANCO -

Domanda 1

Deve possedere competenze tecnologiche, etiche, interpretative e metariflessive.Per formare studenti capaci di usare l’IA in modo responsabile servono:                               educazione al pensiero                       alfabetizzazione ai dati                           spazi scolastici di discussione L’obiettivo non è solo saper usare l’IA, ma saperle fare domande.

domanda 2

La scrittura accademica può diventare un laboratorio di co-creazione tra umano e IA. Esistono diversi modi per farlo:                                                           L’IA può suggerire strutture, parafrasi, bibliografie, ma l’umano resta autore del pensiero critico.             Possono nascere modelli dove l’IA stimola la creatività e la riflessione (brainstorming, ipotesi alternative).         Serve educare a una scrittura non delegata, ma aumentata, cioè usare  l’IA come specchio dialogico, non come scorciatoia.                          Questa è una sfida per  allenare l’intenzionalità 

domanda 3

L’uso dell’IA per valutare (compiti, test,) apre questioni profonde:               Chi è responsabile di un errore valutativo compiuto da un algoritmo?     Gli algoritmi possono replicare i bias umani, amplificandoli.                             La valutazione automatizzata rischia di appiattire la complessità del pensiero umano, se non accompagnata da giudizio esperto.  Serve una “valutazione aumentata”, non sostituita: l’IA come supporto, l’umano come garante di

domanda 4

In una didattica aumentata dall’IA, il ruolo dell’insegnante non scompare: si trasforma e  diventa: facilitatore di dialogo uomo-macchina;                                                   guida, capace di aiutare a decifrare il senso e gli effetti dell’uso dell’IA.                                                       progettista di esperienze, che integra strumenti digitali con metodologie attive. L’insegnante non cede il ruolo di guida: lo reinterpreta in chiave pedagogico-tecnologica.

domanda 5

Apprendere con l’IA significa usarla per stimolare la comprensione, personalizzare il percorso, generare curiosità.Delegare all’IA significa sostituire il processo cognitivo, rinunciando a farlo proprio.                Qui si gioca una sfida educativa fondamentale: aiutare gli studenti a non diventare consumatori passivi, ma co-costruttori attivi del sapere.

In riposta a Angela Spinelli

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di LUDOVICA BERNA -
Un utente critico dell'intelligenza artificiale dovrebbe possedere le seguenti competenze:
•Capacità di analisi critica
•Capacità di pensiero critico
•Saper valutare l'affidabilità delle informazioni generate, ovvero essere in grado di distinguere informazioni accurate e verificate da quelle potenzialmente errate, incomplete o manipolate dall'IA.
•Capacità di comprensione e apprendimento
•Trasparenza e spiegabilità
•Problem Solving

In un contesto di Didattica aumentata dall'Intelligenza Artificiale, il ruolo dell'insegnante subisce una trasformazione significativa, evolvendo da principale fonte di informazione a guida e curatore dell'apprendimento. Ovvero, il docente diventa un “facilitatore”, guidando gli studenti attraverso le informazioni, stimolando la loro curiosità e aiutandoli a sviluppare competenze di pensiero critico e problem solving.
L'IA può supportare la valutazione formativa attraverso un feedback immediato e identificazione delle aree di difficoltà degli studenti.
L'insegnante, pur mantenendo la responsabilità della valutazione sommativa, diventa “un orchestratore“ di un processo valutativo più ricco e diversificato, integrando i dati forniti dall'IA con la propria osservazione e comprensione individuale degli studenti.
L'insegnante ha un ruolo fondamentale nell'educare gli studenti a utilizzare l'IA in modo etico, critico e consapevole, preparandoli per un futuro in cui questa tecnologia sarà sempre più pervasiva.
La differenza tra "apprendere con" l'Intelligenza Artificiale e "delegare a" l'Intelligenza Artificiale è cruciale:
l'IA funge , nel primo caso, come strumento di supporto e potenziamento del processo di apprendimento umano. L'IA può fornire informazioni, risorse, feedback e simulazioni, ma lo studente rimane attivo e centrale nel proprio percorso di apprendimento.
Nel secondo caso, lo studente ,affida all'IA compiti che richiederebbero il proprio sforzo cognitivo, la propria riflessione e la propria elaborazione. L'obiettivo principale diventa ottenere un risultato nel modo più rapido e semplice possibile, senza necessariamente comprendere appieno il processo o sviluppare le competenze sottostanti. Questo può portare a una dipendenza dalla tecnologia, a una riduzione della capacità di pensiero critico, di problem solving autonomo e di memorizzazione a lungo termine.
In riposta a Angela Spinelli

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di KAROLA LUCIANI -
Un utente critico dell’IA, secondo il mio pensiero, dovrebbe avere una consapevolezza etica, dovrebbe avere la capacità di verificare le fonti dalle quali sta attingendo e, soprattutto, la loro validità. Da questo punto di vista risulta molto importante e fondamentale educare tutti i cittadini ad un uso consapevole e critico dell’IA, escludendo una possibile dipendenza dalla stessa. L’utilizzo dell’IA pretende una sorta di responsabilità da parte dell’utente che ne usufruisce in quanto aiuta a generare sintesi, riflessioni o argomentazioni, ma sarà sua responsabilità di rielaborare, interpretare e svolgere una riflessione critica su quanto generato dall’IA. Molto importante, pertanto, questo binomio tra generazione di contenuti dell’IA e creatività umana. Delicato è il momento in cui si utilizza l’IA nei processi educativi in quanto è fondamentale verificare che algoritmi non creino diseguaglianze e/o discriminazioni. Centrale è il ruolo dell’insegnante, cui compito è quello di accompagnare gli studenti ad un uso responsabile dell’IA, in quanto essa non sostituisce l’atto educativo ma lo supporta. In questo contesto è rischioso “delegare all’IA” compiti privi di pensiero umano , piuttosto di “apprendere con l’IA”, vista come un supporto per l’apprendimento.
In riposta a Angela Spinelli

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di NOEMI FABIANI -
- Un utente critico dell'IA dovrebbe possedere diverse competenze per poter comprendere, valutare e utilizzare la tecnologia in modo responsabile e consapevole.
Conoscere come funziona l'IA e le sue principali tecniche (deep learning, machine learning, reti neutrali),
Essere in grado di identificare i potenziali rischi legati all'uso dell'IA
Essere in grado di analizzare e valutare la qualità e la provenienza dei dati, riconoscendo distorsioni o imprecisioni
Saper comprendere i risultati generati dall'IA, non solo dal punto di vista tecnico, ma valutando il contesto e l'impatto delle conclusioni
Saper analizzare i vantaggi e i limiti delle soluzioni proposte dall'IA in contesti pratici
- La responsabilità algoritmica e l'equità sono temi strettamente legati e hanno impatti profondi sulle persone e sulla società. La responsabilità algoritmica riguarda chi è ritenuto responsabile per le decisioni prese da un sistema di IA, soprattutto quando queste decisioni influenzano la vita delle persone. L'equità nei processi valutativi riguarda l'uso dell'IA in modo che tutte le persone siano trattate in modo giusto e senza discriminazioni; tuttavia, se l'IA non è progettata correttamente, può amplificare le disuguaglianze esistenti
- Il ruolo dell'insegnante in un contesto di didattica aumentata dall'IA, subisce un cambiamento significativo. L'insegnante non è più visto come una figura che trasmette conoscenza, ma un "mediatore tecnologico" che facilita e personalizza l'apprendimento sfruttando le potenzialità offerte dall'IA.
- La differenza tra "apprendere con" e "delegare a" l'IA riguarda principalmente il ruolo attivo o passivo che l'utente assume nel processo di apprendimento e la misura di controllo che esercita sull'esperienza. "Apprendere con" l'IA implica una collaborazione attiva tra l'individuo e la tecnologia, "delegare a" l'IA significa affidare parte o tutto il processo di apprendimento alla macchina, riducendo il ruolo attivo dell'individuo
In riposta a Angela Spinelli

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di FRANCESCA PETRICONE -
Da quando l’intelligenza artificiale è entrata nella mia vita quotidiana – e parlo non solo di ChatGPT, ma anche di tutti quegli strumenti che ormai usiamo senza nemmeno farci troppo caso – ho cominciato a farmi una serie di domande. Domande che non riguardano solo il “come si usa”, ma soprattutto il come ci cambia. E mi sono reso conto che, se vogliamo davvero convivere con questa tecnologia, dobbiamo imparare a usarla con coscienza.
Per me, essere un utente critico dell’IA significa non accettare tutto in automatico. Vuol dire fermarsi, riflettere, chiedersi: da dove arrivano queste risposte? chi le ha costruite? cosa ci sto facendo davvero con questo strumento?

Non penso che basti saper “smanettare” bene per dirsi competenti. Serve una consapevolezza più profonda, una capacità di interrogare la tecnologia e non solo di usarla. Ed è una cosa che, secondo me, dovrebbe essere insegnata a scuola, fin da subito: non solo come si usa un’IA, ma come si pensa criticamente quando la si usa.

Un tema che mi tocca molto è quello della scrittura : appunti, riflessioni, pezzi per l’università. E da quando esistono questi strumenti intelligenti che “scrivono per te”, mi sono chiesto spesso: dove finisce la mia voce?
Per me, l’IA non è nemica della creatività. Anzi, può aiutarmi a trovare nuovi spunti, a riformulare una frase, a vedere qualcosa da un’altra angolazione. Ma il punto è non farla scrivere al posto mio. Se le affido tutto, il pensiero diventa piatto, impersonale.

Anche nel campo della valutazione ho dei dubbi. L’idea di usare l’IA per correggere, per assegnare voti, può sembrare comoda. Ma io credo che la valutazione sia qualcosa di profondamente umano: richiede empatia, attenzione al percorso, comprensione del contesto.
Un algoritmo può vedere se un testo è coerente, se c’è plagio, se mancano delle informazioni… ma non può capire quanto impegno c’è dietro. Non può cogliere la sfumatura di un’idea personale. E soprattutto, non può essere responsabile degli errori.
Per questo penso che l’IA possa aiutare, ma non sostituire. Non dobbiamo delegarle il giudizio, solo affiancarla a chi quel giudizio lo sa costruire con sensibilità.

E poi c’è la figura dell’insegnante. Secondo me, oggi l’insegnante deve saper fare qualcosa di nuovo: mediare tra la tecnologia e l’umano. Non solo spiegare, ma accompagnare, aiutare a usare l’IA in modo intelligente, a capire quando è utile e quando no.
Io ho avuto la fortuna di avere insegnanti che non demonizzavano l’innovazione, ma nemmeno la prendevano come verità assoluta. Erano lì, presenti, pronti a guidare. Ecco, penso che il futuro dell’insegnamento sia tutto lì: nell’essere punti di riferimento umani, anche in mezzo alla tecnologia.

Infine, c’è una distinzione che per me è diventata fondamentale: la differenza tra “apprendere con” e “delegare a” l’IA.
Quando imparo con l’IA, sono io che guido e rifletto sulle nozioni giuste o sbagliate. Uso lo strumento per capire meglio, per confrontarmi, per esplorare. Ma quando delego tutto, niente è produttivo ed efficace.
In riposta a Angela Spinelli

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di ALESSIA DI FRUSCIA -
Un utente critico dell’IA, Dovrebbe possedere diverse competenze chiavi, come la capacità di analizzare e comprendere i contenuti generati. Essere consapevoli delle potenzialità e dei limiti di questi strumenti è fondamentale per utilizzarli in modo efficace, responsabile. Un utente critico dovrebbe saper distinguere tra l’automazione e la creatività umana, Integrando l’IA come un alleato nella produzione dei contenuti, senza mai sostituire il pensiero critico e la riflessione individuale. Inoltre, la consapevolezza etica gioca con quella cruciale poiché comporta anche la responsabilità nella gestione dei dati e nel garantire che le informazioni siano accurate.
Per formare cittadini, capaci di usare l’IA In modo responsabile e riflessivo, sarebbe utile integrare l’educazione digitale nei programmi scolastici, insegnando, non solo l’uso pratico degli strumenti, ma anche come valutare le loro implicazioni sociali, etiche e culturali. La riflessione critica sulla tecnologia dovrebbe essere al centro della formazione affinché un utente possa sviluppare un approccio consapevole informato.
In ambito accademico, l’IA potrebbe essere utilizzata per stimolare la creatività umana attraverso un modello di co-creazione. Gli strumenti di scrittura automatica potrebbero essere impegnati come supporto per la generazione di idee o la strutturazione di un testo, ma sempre sotto la guida di un autore umano che integra e sviluppa il contenuto, portando la propria visione e approfondendo la ricerca. 
Infine, la chiave sta nel trovare un equilibrio tra l’efficienza offerta dall’IA e il valore della riflessione dell’iniziativa umana che è in continuo processo di apprendimento e miglioramento. 

Penso che l'uso dell'IA nei processi valutativi, sollevi questioni etiche, soprattutto riguardo alla responsabilità e all'equità. Gli algoritmi devono essere trasparenti per evitare ingiustizie e bisogna fare attenzione ai pregiudizi che possono riflettersi nei dati. Pur essendo utili per velocizzare i processi, l'IA non deve sostituire l'elemento umano che è necessario per garantire equità e giustizia.
 
In un contesto di didattica aumentata dall'IA, credo che il ruolo dell'insegnante cambi da semplice trasmettitore di conoscenza a mediatore tecnologico. L'insegnante diventa una guida che aiuta gli studenti a usare in modo critico e responsabile gli strumenti tecnologici, stimolando il loro pensiero e favorendo la loro crescita intellettuale.
 
Per me, la differenza tra "apprendere con" e "delegare a" l'IA è molto importante. Quando si "apprende con" l'IA, la tecnologia è uno strumento che aiuta a stimolare il pensiero, arricchire l'esperienza e supportare il processo di apprendimento, ma l'individuo resta attivo e coinvolto. Al contrario, "delegare a" l'IA significa affidarsi completamente alla tecnologia, rischiando di ridurre il proprio coinvolgimento e il pensiero critico. In questo senso, è fondamentale usare l'IA come supporto, non come sostitutivo.
 
 
In riposta a Angela Spinelli

Ri: Sintesi e rilancio delle discussioni su intelligenza artificiale e didattica

di SOPHIA DANGELO -
Un utente critico dell’Al deve saper utilizzare questi strumenti in modo consapevole, comprendendone sia le potenzialità che i limiti. È quindi fondamentale che i cittadini sviluppino competenze per un uso responsabile e riflessivo dell'IA attraverso percorsi formativi che possono avvenire nella scuola, all’università, nei corsi di formazione professionale o sul posto di lavoro.
Questa formazione ha l'obbiettivo di sviluppare il pensiero critico, indispensabile per analizzare, valutare e rielaborare i contenuti prodotti dall’IA senza accettarli in modo passivo e senza delegare completamente il compito. Esistono modi efficaci per integrare creatività umana con l’IA: ad esempio, si può partire da un'idea originale e utilizzare l'IA solo per migliorare la forma espressiva, oppure impiegarla come stimolo per ulteriori riflessioni, in un processo di collaborazione tra essere umano e tecnologia.
Anche nei processi valutativi, l’IA può essere un valido supporto, ma non può sostituire il giudizio umano. Infatti, valutare non significa solo correggere grammaticalmente un testo, ma implica anche riconoscere elementi come la creatività, l'originalità e l'intenzione comunicativa. Inoltre, questioni come la trasparenza e l'equità pongono dei limiti all'affidabilità dei sistemi di Al, che possono essere influenzati da pregiudizi presenti nei dati di addestramento. In un contesto educativo in cui l'IA è parte integrante, il ruolo dell'insegnamento cambia: non è più solo un trasmettitore di contenuti, ma diventa anche un mediatore tecnologico, essenziale per guidare gli studenti verso un uso consapevole e critico dell'intelligenza artificiale. È cruciale insegnare la differenza tra “apprendere con” e “delegare a”: nel primo caso, la tecnologia viene usata come strumento di supporto, stimolo alla riflessione e alla creatività; nel secondo caso, si rischia di diventare passivi, dipendenti dalla tecnologia, rinunciando al proprio ruolo attivo nel processo di apprendimento. 
In riposta a Angela Spinelli

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di MELISSA D'ORTENZI -
Secondo me, un utente critico dell’ Al dovrebbe essere consapevole dei pro e contro che questo ha e esserne consapevoli vuol dire quindi anche saperlo usare nel modo corretto. Sicuramente esistono modi per integrare creatività umana e automazione nella scrittura accademica: si può usare l’Al per formulare la corretta impostazione grammaticale della propria idea o comunque impostarne uno schema, ma alla base deve esserci sempre un pensiero personale ed una riflessione critica.
Il tema delle implicazioni etiche che comporta l’uso dell’ IA è molto discusso, personalmente credo che da una parte possa essere utile per agevolare i tempi ad esempio delle correzioni di un lavoro, ma credo che prima di sostituirlo alla valutazione di un professore, si debba arrivare Ad una progettazione specifica dell’Al in questo. Ciò proprio per evitare problemi dell’equità: penso che dietro una qualsiasi valutazione ci sia anche un pensiero umano da parte del professore/insegnante Che può valutare oltre al voto oggettivo del compito, anche tutto l’andamento e il percorso che l’alunno ha avuto.
A mio parere, la prospettiva dell’insegnante come mediatore tecnologico è giustificata: il professore, oltre ad essere trasmettitore di conoscenza, diventa anche colui che insegna agli allievi il giusto modo di utilizzare le nuove tecnologie nell’ambito scolastico. Ciò ovviamente non sostituisce però i valori umani che l’insegnante può trasmettere ai propri alunni.
La differenza che c’è tra “ Apprendere con” e “ Delegare a” è sostanziale: apprendere con l’Al vuol dire avere un aiuto, una guida in più (come fare ricerche in modo veloce e universale, correggere testi, creare immagini e tabelle…) invece delegare a vuol dire cedere completamente il comando al supporto tecnologico, andando a perdere così il nostro pensiero critico ed è una cosa a cui fare davvero attenzione perché la mente umana è davvero troppo potente per lasciarla sopraffare completamente da quella virtuale.
In riposta a Angela Spinelli

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di FEDERICA PETRI -
Risposte alle domande:
-Ritengo che un “utente critico” debba essere in grado di farsi aiutare dall’AI, prendendo unicamente spunto da essa, interpretando concetti ed analizzandoli in base alla propria esperienza e personalità.
Dovrebbe poi conoscere in modo esaustivo la tecnologia che utilizza, considerandola una valida alleata.
Creatività umana ed automazione sono integrati nella scrittura accademica poiché l’AI suggerisce, riassume e crea spunti, lasciando comunque all’umano l’obbligo di elaborare il tutto in modo critico.

- Nei processi valutativi l’uso dell’AI facilita e semplifica il lavoro dell’umano, ma purtroppo rischia di non essere equa e neutrale.
Si vanno a toccare diversi ambiti ed aspetti: la trasparenza, poiché non sempre viene spiegato ed approfondito un giudizio espresso; la privacy, poiché utilizza dati che si spera vengano trattati in modo corretto ed etico; la discriminazione, penalizzazione di candidati durante una selezione lavorativa, provenienti da particolari scuole o aventi nomi particolari; la responsabilità, non è un umano ad agire e quindi non c’è nessuno a metterci la faccia; la spersonalizzazione, poiché si tende a categorizzare le persone, considerandole spesso semplici numeri, tralasciando l’aspetto umano.

- Il ruolo dell’insegnante muta sicuramente con l’utilizzo dell’AI, diventando il mediatore tecnologico per gli studenti.
Resta comunque la figura all’interno della quale risiede il sapere, e la figura che umanamente e fisicamente interagisce con gli studenti.
L’insegnante ha il compito di condurre i propri studenti nell’utilizzo dell’AI, personalizzando il loro percorso (conoscendoli), contrariamente a quanto potrebbe fare l’algoritmo.

-“Apprendere con” comporta il saper ampliare le proprie conoscenze attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, vista come un valido supporto ai metodi educativi, sapendola interpretare ed analizzare in modo critico.
“Delegare a” implica invece il volersi totalmente affidare all’intelligenza artificiale stessa, prendendo per buono ogni suo modo di manifestarsi, rinunciando ad ogni forma di riflessione.